Il PM Visone a TN: "Queste le possibili conseguenze legali sul caso Var di Inter-Juve"

Giuseppe Visone, sostituto procuratore della DDA di Napoli, ha commentato per Tuttonapoli il polverone emerso dopo i video diffusi dalla trasmissione 'Le Iene' sull'audio sparito di Inter-Juventus del 2018

02.06.2021 10:00 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Il PM Visone a TN: "Queste le possibili conseguenze legali sul caso Var di Inter-Juve"

Giuseppe Visone, sostituto procuratore della DDA di Napoli, ha spiegato per Tuttonapoli i potenziali risvolti penalistici (al momento puramente accademici in attesa delle verifiche sui fatti) legati al polverone emerso dopo i video diffusi dalla trasmissione 'Le Iene' sull'audio sparito di Inter-Juventus del 2018. 

Più passa il tempo dalla famigerata sera di Inter Juve del 28 aprile 2018 e sempre più essa assume i contorni della notte dei lunghi coltelli del calcio italiano, dove le vittime sono i tifosi e la passione italica per il Dio pallone.

A riaccendere i riflettori sulla vicenda ed a consentire finalmente un accertamento serio e compiuto sui fatti è stata la querela per diffamazione presentata dagli arbitri Valeri, Orsato e Rizzoli nei confronti dell’ex procuratore federale Pecoraro e degli autori della trasmissione le IENE, rei di aver leso la loro onorabilità nella ricostruzione giornalistica fatta nel corso di un servizio dell’autunno 2020.

Ebbene tale scelta ha permesso, ovviamente aldilà delle intenzioni dei proponenti, alla magistratura inquirente di avviare un’indagine che partendo dai fatti riportati in querela ha avuto e sta avendo necessariamente ad oggetto tutti i contorni della vicenda. Infatti trattandosi di una ipotesi di diffamazione a mezzo stampa è necessario, ai fini delle dovute determinazioni processuali, accertare: 1) la verità, quantomeno putativa, dei fatti narrati; 2) l'interesse pubblico alla diffusione della notizia o dell'opinione; 3) la continenza delle espressioni adottate.

Prima dell’iniziativa dei tre direttori di gara, è giusto chiarirlo, non era possibile per nessuna procura italiana avviare un’indagine su quanto accaduto per mancanza di una notizia criminis, trattandosi di vicenda, seppur dai contorni oscuri, almeno in apparenza tutta interna all’ordinamento sportivo.

Quali sono adesso gli scenari possibili. 

Ovviamente si tratta di pure ipotesi, formulate in punto di diritto, che necessitano del conforto degli esiti investigativi. 

Con riferimento alla gestione della gara da parte dell’addetto al VAR e dell’arbitro appare ipotizzabile in astratto il delitto di cui all’art. 4 comma 1 della legge 401/89 (cd frode sportiva) che punisce, tra le altre cose, chi compie atti fraudolenti finalizzati a raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento di una competizione sportiva organizzata da una federazione riconosciuta dal Comitato olimpico nazionale italiano.

La locuzione «atti fraudolenti», secondo la giurisprudenza costante, comprende qualsiasi artificio, inganno o mendacio concretamente idoneo a conseguire l'evento del reato, configurabile anche in un danno potenziale e mediato.

Nel caso di specie aver deliberatamente omesso di valutare le risultanze del supporto tecnico, decidendo come se l’integrazione tecnologica non fosse mai pervenuta potrebbe integrare, ove provata la circostanza, il delitto di cui all’art 4 comma 1 della legge 401/89.

Poi vi sono le condotte post gara. 

Con riferimento alla registrazione dei colloqui con il Var sono state fornite svariate versioni. In un primo momento si era detto che non era prevista una registrazione audio integrale della gara, poi che essa veniva effettuata solo per i 4 casi previsti dal protocollo ed infine che la registrazione veniva sì effettuata ma che l’archiviazione nel server della società che eroga il servizio avveniva per il soli casi da Var.

Sta di fatto che allo stato manca il file audio relativo allo scontro tra Pjanic e Rafihna.

Ebbene, qualora fosse dimostrata la manipolazione o l’occultamento del predetto file, sarebbe integrato il delitto di frode processuale in quanto successivamente alla consumazione del reato di frode sportiva, perseguibile d’ufficio (condizione necessaria per la operatività dell’art. 384 c.p.), sarebbe stata posta in essere una condotta di artificiosa immutazione su una “res” al fine di eludere le investigazioni e trarre in inganno gli inquirenti.

Infine sono da analizzare le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria dai tre protagonisti della vicenda (Orsato, Valeri e Rizzoli).

Con riferimento ai primi due, nel caso di imputazione per frode sportiva, una eventuale mendacità non avrebbe rilevanza operando il principio del nemo tenetur se detegere,  in forza del quale nessuno può essere obbligato ad affermare la propria responsabilità penale, facendo affermazioni autoindizianti.

Nel caso di Rizzoli la questione sarebbe diversa, in quanto una riconosciuta falsità delle sue dichiarazioni potrebbe integrare la fattispecie di favoreggiamento personale, ossia di una condotta volta ad aiutare gli autori della potenziale frode sportiva ad eludere le investigazioni ed impedire l’accertamento delle responsabilità nei loro confronti in ordine alla non corretta gestione di Inter- Juventus.

Il reato di cui all’art. 378 c.p. richiede, infatti, che l’autore non abbia concorso nel delitto presupposto. 

Insomma un autentico nodo gordiano che dimostra ancora una volta la debolezza della giustizia sportiva e l’incapacità di Federazione e Lega di procedere ad un serio percorso di riforma.