A Diego piacciono le montagne russe?

A Diego piacciono le montagne russe?TuttoNapoli.net
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
domenica 16 agosto 2020, 08:30In evidenza
di Gennaro Di Finizio
Il ciclo ancelottiano, senza voler sembrare drastici o eccessivamente netti, ha racchiuso un piccolo ed obiettivo fallimento tecnico per la Ssc Napoli.

(di Gennaro Di Finizio) - Il ciclo ancelottiano, senza voler sembrare drastici o eccessivamente netti, ha racchiuso un piccolo ed obiettivo fallimento tecnico per la Ssc Napoli, probabilmente il primo dopo lo sciagurato approdo di Roberto Donadoni nel lontano 2009. Nulla togliere al primo anno tutto sommato positivo per il tecnico di Reggiolo, ma alla seconda curva il Napoli è incappato in una caduta fragorosa e molto dolorosa, che ha lasciato strascichi importanti. 

Una costruzione sbagliata, probabilmente, già nell'estate del 2019, con la corsa forsennata a James Rodriguez, Pépé, Icardi e compagnia bella, trascurando un reparto nevralgico come il centrocampo, orfano in appena un anno e mezzo di due colonne portanti come Jorginho ed Hamsik. Aspetto emerso in maniera particolare proprio dopo l'esonero di Ancelotti, con Gattuso ereditario di un una rosa manchevole in maniera evidente proprio in mezzo al campo.

Tanta qualità, certo, ma poca quantità e soprattutto senza un elemento in grado di dettare tempi a tutto il reparto, gestire il pallone o più semplicemente riuscire a smistare il gioco con sicurezza. Ecco, dunque, arrivare in soccorso di Napoli e Rino Gattuso la sessione invernale di mercato: dentro Stan Lobotka e soprattutto Diego Demme, quest'ultimo faro del centrocampo del Lipsia (da un paio di giorni semifinalista di Champions League).

Dopo aver visto al centro del campo prestazioni poco lodevoli da parte di Fabiàn, adattato come centrale di uno schieramento a tre, a dare nuovo lustro e finalmente fiato a tutta la manovra azzurra ci ha pensato proprio Diego Demme. Nessuno ha mai voluto dipingere il centrocampista tedesco come erede di Xavi o redivivo Pirlo (di questi tempi, poi, meglio evitare), ma la capacità di saper semplificare e ottimizzare il flusso del gioco azzurro, è apparsa evidente a tutti fin da subito. 

Gli elogi iniziali per Demme dopo le prime partite in azzurro non sono nati solo dalla voglia del tedesco di venire a Napoli (come se, poi, fosse un aspetto negativo) o dalla simpatia nata dalla storia del ragazzo, il nome accostato a Maradona o semplicemente l'affetto forte per la città di Napoli; a Demme è stato dato il merito di aver cambiato il volto del centrocampo azzurro, dilaniato da una costruzione (lo dicevamo all'inizio) poco lungimirante fatta in estate. 

Al ritorno in campo dopo il lockdown, però, qualcosa sembra essere cambiato: del Demme funzionale e rigeneratore sembra si siano dimenticati tutti, colpevole qualche prestazione non al top del tedesco, cosi come quelle di tanti altri ed in generale tutta la squadra. Dopo la vittoria della Coppa Italia, il Napoli ha accusato un senso di appagamento palese, che l'ha portato poi a non brillare nemmeno contro il Barcellona, che resta, per l'appunto, il Barcellona. 

In pochi mesi Diego Demme è stato protagonista di una giostra virtuale degna delle migliori montagne russe, che l'hanno portato all'apice dell'apprezzamento e dell'esaltazione, per poi ripiombare in una critica aspra ed amara nell'arco di pochissime partite, giocate dopo mesi di stop e in una situazione da contestualizzare attentamente. Chi sa se a Demme, approdato all'ombra del Vesuvio con grande entusiasmo, voglia di fare e referenze di ottimo livello, sia piaciuta questa baraonda vorticosa e probabilmente poco decorosa.