Da 0 a 10: la tragica scelta di Conte, la novità assoluta su Lucca, il tiro a Pordenone di Hojlund e l’ammissione di Politano

Da 0 a 10: la tragica scelta di Conte, la novità assoluta su Lucca, il tiro a Pordenone di Hojlund e l’ammissione di PolitanoTuttoNapoli.net
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di Arturo Minervini
Il Napoli perde un'altra gara in trasferta: l'Udinese con merito batte gli azzurri in netto calo di energie

Zero all’ormai insostenibile questione dei cartellini gialli, che gli arbitri gestiscono a piacimento, svilendo così il regolamento (CHIARIAMO: il Napoli l’avrebbe persa lo stesso). Sozza, solo nel primo tempo, prima grazia Zaniolo e poi Piotrowski per trattenuta tattica su Lang. Qui si tratta di orientare le partite, un potere discrezionale illimitato concesso a direttori di gara impuniti e arroganti. Una gara non condizionata da queste decisioni è qualcosa a cui non siamo abituati, come entrare in un bar e non dover scansionare niente. Ormai Fantascienza.

Uno il cambio rispetto a Lisbona. Conte tira dritto per la sua strada, in barba alle precauzioni ed alla necessità di qualcuno di tirare il fiato. Una scelta che si rivela devastante, con tantissimi elementi in versione ectoplasma nella trasferta di Udine. Serviva il coraggio per dare spazio a Vergara, Elmas, magari Mazzocchi ed escludere qualcuno dei più stanchi. “Chi dorme non piglia tempo, chi ha tempo non aspetti pesce”. Cit. The Truman Show. Per il tecnico, però, non c'è nulla da rimproverarsi, mentre Politano ammette che è difficile se giocano sempre gli stessi. 

Due a due del Milan, che pareggia col Sassuolo e ancora una volta viene tenuto a galla da incredibili episodi arbitrali, la boa a cui la squadra di Allegri è aggrappata da inizio stagione. Il rigore inesistente su Gimenez con la Fiorentina, il gol in offside col Pisa, rigore negato a McTominay, il pasticcio contro la Lazio ed ora il rigore netto non assegnato al Sassuolo. Diceva Einstein: “Io, come Dio, non gioco a dadi e non credo alle coincidenze”. Sudditanza. 

Tre del pomeriggio, la copertina sulle gambe, pranzo che è una prova generale del Natale e la digestione che arranca più del mitologico nuotatore della storia olimpica, Eric Moussambani detto l’Anguilla. Già questi elementi basterebbero a indurre sonnolenza, invece il Napoli ti piazza un primo tempo da 0,07 Expected Goals  che farebbe crollare anche le più resistenti delle palpebre. C’è chi si è fatto il quarto d’ora. E chi mente. 

Quattro metri dalla porta e Rasmus la manda a Pordenone. Lo specchio della partita è l’errore (poi magari sarebbe stato annullato per offside) del centravanti danese, meno lucido di chi alla cassa del supermercato deve rispondere alla domanda a bruciapelo: quanti sacchetti? Hojlund esita, e l’esitazione nello sport è il preludio di cose brutte. Ormai la spia della benzina la usiamo come lampada abbronzante.  

Cinque alla timidezza di Lang, che fino a ora è stato più chiacchiere che distintivo. Chi si presenta dicendo che la gente scatta in piede quando lui prende il pallone, fissa l’asticella davvero molto alta. In campo è ancora timido come un gattino, come quando può calciare da centro area e cerca un appoggio innocuo. Come Woody Allen in Harry a Pezzi, pure Noa è andato ‘in overdose di se stesso’.

Sei a Lucca, che in pochi minuti combina più di tutti gli altri compagni. Un assist solo da appoggiare in porta per Hojlund ed un palo esterno con la spaccata volante. Qualche segnale di vitalità di Lorenzo, come le aragoste di Lino Banfi nel Bar dello Sport. Nel deserto di emozioni di Udine, bisogna pur aggrapparsi a qualcosa. 

Sette all’Udinese, che manda in confusione tutta la corsia di sinistra con l’accoppiata allitterata Zaniolo-Zanoli. Runjaić, così come al Maradona lo scorso anno, incarta la partita e la vince con l’intensità ed alcune mosse molto chiare. Punta sulla fisicità e l’energia e finisce per stritolare il Napoli come fa il boa con le sue prede. 

Otto trasferte in campionato e già quattro sconfitte, a cui va sommato il filotto in Champions (tre ko su tre impegni): sono 7 le sconfitte in 11 gare lontano dal Maradona. Raccontano una fragilità, una sistematicità che è preoccupante perché non apparteneva al Napoli dello scorso anno. Cosa accade? Cosa manca? Testa? Cuore? Gambe? O tutto insieme. Come sempre, la verità è un insieme di piccole verità che ne formano una più grande. 

Novembre, il 22. Gli unici 21 minuti in campionato di Pasquale Mazzocchi, mai chiamato in causa per far rifiatare un Di Lorenzo che alterna grandi prove a prestazioni tragiche, come quella di Udine. Purtroppo la sfortuna si è accanita sul Napoli, ma Conte ha voluto accanirsi con alcuni elementi. Meglio perdere un pochino di qualità per avere più energia, soprattutto contro le squadre piccole che la buttano sulla contesa fisica. Lo stesso si può dire per Vergara: avrebbe meritato una chance dal 1’ a Udine.

Dieci alla grande occasione, la Supercoppa. Con il mondo a guardare e la grande possibilità di portare a casa un altro trofeo, un cerchio da chiudere dopo lo scudetto dello scorso anno. Si inizia giovedì, con le semifinale col Milan, con tante cicatrici da leccarsi ed uno scudetto sul petto che impone di metterci tutto ciò che resta nel serbatoio, pure in quello del cuore. Il campo ferisce, il campo guarisce, in fondo è come uno specchio: ti restituisce ciò che ci proietti dentro. In attesa, “se vuoi scusarmi, vado a casa a farmi venire un infarto”. 

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