Stellini: “Scudetto? Non era il nostro obiettivo, ci abbiamo creduto dopo l’1-1 con l’Inter”

Stellini: “Scudetto? Non era il nostro obiettivo, ci abbiamo creduto dopo l’1-1 con l’Inter”
Oggi alle 15:00Le Interviste
di Francesco Carbone

“La passione per questo sport mi è stata trasmessa da mio padre, che era appassionato, tifoso del Milan, negli anni ’80, quando io ero ragazzino. Io e mio fratello Flavio eravamo molto appassionati di questo sport, giocavamo costantemente tutti i giorni e mio padre che ci seguiva. E poi la prima squadra che mi ha dato grandi gioie sono state due in realtà. Io sono sempre stato tifoso dell'Inter e quindi lo scudetto dell'Inter a fine anni ’80 è stato per me una gioia. E invece la Champions League, la Coppa dei Campioni all'epoca, guardavo il Milan, di cui era tifoso mio padre, che era il Milan di Sacchi. E da lì mi sono proprio appassionato fortemente”. Inizia così una lunga intervista al podcast Calcio con Fulmi di Cristian Stellini. Nel corso della chiacchierata, tra aneddoti sulla sua vita da giocatore e i primi passi da allenatore, il vice di Antonio Conte al Napoli racconta il passaggio in azzurro: “La sensazione è stata quella di arrivare in una piazza nella quale il calcio è parte del DNA del popolo napoletano, quindi sicuramente una piazza che vive di calcio come poche e questa è sicuramente a livello di sensazione e di responsabilità una cosa importante.

Arrivare in una piazza dove c'è un simbolo, una personalità come quella di Maradona che è stato il miglior giocatore della storia, insieme forse ad altri uno o due, questo ti dice che lì la cultura di calcio è molto elevata. Napoli è una piazza dove devi portare qualcosa di importante perché hai una responsabilità, lì c'è stato il migliore di sempre, quindi bisogna fare un grande lavoro. L’obiettivo principale non era lo Scudetto. Noi siamo arrivati per riportare il Napoli in Champions League, quindi nelle prime quattro. L’obiettivo era quello e quello di far giocare bene questa squadra che aveva fatto grandi cose due anni prima con Spalletti e quindi di creare duttilità nel nostro gioco”.

Quando avete capito che questo sogno Scudetto era realizzabile? “Una chiave è stata affrontare sempre gli scontri diretti contro le squadre più importanti del campionato con una richiesta di avere coraggio e andare ad affrontarli a viso aperto. Ecco, quella è stata secondo me una chiave che ci ha fatto capire che quella squadra aveva dei valori, anche caratteriali, importanti. E questo ci ha dato la forza di prenderci dei rischi e negli scontri diretti effettivamente abbiamo fatto ottimi risultati. E questo ci ha dato forza perché volevamo giocarcela sempre a viso aperto, anche contro l'Inter, con la Juventus, senza paura. E quindi questo secondo me ha trasferito a noi un coraggio importante e anche una consapevolezza di potercela giocare.

E poi ci siamo detti, giochiamo contro la Roma, vinciamo. Giochiamo contro il Milan a San Siro, vinciamo. Giochiamo contro l'Inter a San Siro e ce la giochiamo alla pari. Andiamo a Torino, ce la giochiamo alla pari. Ci siamo detti, ma qui vediamo cosa succede tra un po', ma se stiamo là, quando arriviamo là, poi noi dobbiamo crearci la possibilità di vincere. Ecco questo è stato un po'. Vediamo cosa succede tra due mesi, giochiamoci tutte le partite alla grande e a gennaio, quando abbiamo affrontato Atalanta e Juve, lì abbiamo vinto a Bergamo, abbiamo vinto in casa con la Juve. Lì abbiamo detto, ok ci siamo anche noi”.

Qual è stata la partita che ti porterai sempre nel cuore? “La vittoria in casa con la Juve, la vittoria a Bergamo con l'Atalanta e il pareggio in casa con l'Inter sotto di un gol, rigore parato e poi noi pareggiamo con Billing. Quella è stata pazzesca. Lì ci siamo detti, noi gli rompiamo le scatole fino all'ultima giornata”.

Da fuori come le vivi le partite? “Io cerco sempre di mantenere la calma, di non farmi travolgere dall'ansia e concentrarmi sulle cose che mi scrivo prima, me le fisso in testa. Devo stare attento a determinate cose, quindi devo stare lucido. Poi è chiaro che non sempre è possibile, perché c'è anche una parte emotiva importante da trasferire. Ognuno di noi ha un ruolo ben preciso e quindi c'è l'allenatore, Oriali, io, altri collaboratori. Quindi ognuno deve strutturarsi e avere dei compiti precisi. Non è che tutti dobbiamo fare la stessa cosa. L'allenatore in quel caso trasferisce molta parte caratteriale e emotiva. Tu devi mantenere la lucidità, non devi andare dietro l'onda emotiva o farti trascinare. Devi sempre stare sul pezzo”.