Da 0 a 10: gli insulti e gli sputi ad ADL, gli scudetti col Verme, le infamie a Spalletti, il Sacro Kvara e l'ira di Dio Osimhen

Da 0 a 10: gli insulti e gli sputi ad ADL, gli scudetti col Verme, le infamie a Spalletti, il Sacro Kvara e l'ira di Dio OsimhenTuttoNapoli.net
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venerdì 5 maggio 2023, 23:57Zoom
di Arturo Minervini
Il Napoli vince uno scudetto che è già storia: Lobotka, Kim, Di Lorenzo, Meret, De Laurentiis e tanti i protagonisti.

Per sempre al miracolo georgiano. Custodito come il Sacro Graal, il sangue reale di Kvicha s’è sposato con quello azzurro. Tenuto al riparo dal mondo, oracolo portatore di una verità sconvolgente e rivelatrice. La luce di Kvaratskhelia ha irradiato, sin dal primo bagliore, le nostre anime, s’è presa tutti i sensi, ha donato un piacere stordente ed una dipendenza incontrollabile. Il 77 col pallone tra i piedi, una parentesi edonistica, un tuffo nel piacere primitivo di assistere al cammino di un uomo che sfida ogni avversario e lo manda al tappeto. Avvolto dal mistero dell’ignoto, una scoperta sconvolgente e rivoluzionaria come quella di Copernico. Il nostro universo quest’anno è Kvaracentrico, gira tutto intorno a lui. “Il poeta è colui che esprime la parola che tutti avevano sulle labbra e che nessuno avrebbe detta”. Tu sei Poesia. 

Per sempre agli Uomini forti, con destini forti. Frammenti dello Spalletti pensiero cadono sulle nostre teste come polvere di stelle. Un pensiero che s’è fatto quercia, ha messo radici ed ha detto riparo al tempo stesso ad uno spogliatoio che s’è completamente affidato a Luciano. Potate le radici, estirpata qualche cattiva abitudine sedimentata nel tempo, il mister ha forgiato il suo capolavoro a mani nude coi polpastrelli segnati dalla fatica. E non c’è niente al mondo che ti faccia gioire più di un palazzo costruito col sudore. Pare di vederlo, Lucio, che sfida il vento come fosse il tenente Dunn in mezzo alla bufera. A godersi "Quei giorni perduti a rincorrere il vento, a chiederci un bacio e volerne altri cento”. Un trionfo. Dopo le incazzature, le Pande rubate, gli striscioni, le facce sconvolte agli annunci di ADL. Ha assorbito tutto come una spugna, s’è preso i dolori degli altri come John Coffey ed ha percorso con cuore esploso di gioia il suo miglio azzurro. Sperando che non sia l’ultimo.

Per sempre alla visione. Lobotka è la visione. È un bambino che guarda il mondo e scopre la meraviglia dell’immaginazione, che tesse la trama di un mondo sconfinato senza uscire dal giardino di casa. In quei dieci metri quadrati, a ridosso dell’area azzurra e ridosso dell’area avversaria, Stan è divenuto imperatore del mondo. Non ha scandito il tempo, lo ha forgiato, l’ha reso malleabile, l’ha fatto inchinare dinanzi alla propria volontà. E quando domini il tempo, domini lo spazio. E quando domini spazio e tempo, non c’è niente che tu non possa fare. L’idea di spazio-tempo nasceva 13,8 miliardi di anni fa, il Big Bang di questo Napoli è l’incredibile esplosione di Lobotka dopo gli anni anonimi. Il sogno di uccidere Chrónos s’è realizzato

Per sempre al Vangelo, secondo Giovanni: Unire è più faticoso che dividere, ma genera soddisfazioni cento volte più gratificanti. Uniti, si può. Di Lorenzo ha compiuto il miracolo, ha archiviato la nostalgia è a debolezza del cuore di chi non sa cogliere l'eternità di certi ricordi. Ha ricordato e dimenticato. Onorato gli insegnamenti del passato ed innovato. È riuscito a parlare con tutti la stessa lingua, anche restando in silenzio. Vitale, come l’acqua che asseconda le mancanze di ogni compagno di viaggio. “Incapace di percepire la forma di Te, ti trovo tutto intorno a me. La tua presenza mi riempie gli occhi del tuo amore, umilia il mio cuore, perché tu sei ovunque”.  In cima al mondo Di Lorenzo, in cima dopo una caduta che sembrava senza fine. L’esempio che ogni storia può essere riscritta, con una volontà che smuove le montagne.  

Per sempre a Victor, il ragazzo che sfidò il destino. E vinse. Quanta forza serve per capovolgere il disegno delle stelle, scrollare il cielo come fosse una tovaglia e infischiarsene di ciò che era già scritto. L’ha disegnato con le proprie mani il nuovo orizzonte, l’ha morso alla giugulare quel fato bastardo per scoprire l’altro lato della sua luna, un sorriso che è esploso come il suo atipico talento. Urlava contro il cielo su quel bus scoperto, col suo popolo ai suoi piedi. Re Osimhen, venuto dal popolo. Del popolo, un cordone ombelicale che non potrà mai spezzarsi. L'anima argentata di Napoli che si fonde con quella dei vicoli di Lagos. “Alleria, pe’ ‘nu mumento te vuò scurdà che hai bisogno d’alleria, quant’e sufferto ‘o ssape sulo Dio”. La vittoria più grande per un uomo è continuare a credere, quando tutto intorno ti inviterebbe a smettere di farlo. I believe, I Can Fly.

Per sempre al presidente più pazzo del mondo, che pare d’esser sempre sopra un aereo. Aurelio De Laurentiis ha mantenuto la promessa, ed un uomo vale quanto la sua parola. Ha vinto, a Napoli, (nonostante gli insulti e gli sputi dell’estate), dove è più difficile che altrove. A modo suo, con le sue stravaganze, con la capacità di anticipare i tempi e le mosse di un calcio impolverato. Innovatore nell’animo, ha puntato tutto su un progetto che aveva bisogno di darsi una nuova pelle e ne è uscito ancor più forte. “Filmare è vivere, e vivere è filmare. È semplice, nello spazio di un secondo guardare un oggetto, un volto, e riuscire a vederlo ventiquattro volte”. Il film più bello della vita, senza ombra di dubbio, è questo scudetto qui.

Per sempre a Maradona. Hey Diego, t’ho visto che t’affacciavi da una nuvola. C’avevi un sorriso di quelli che solo tu sai fare, gli occhi splendevano come quelli del bambino che da te non era mai andato via. T’ho visto felice, come non ti vedevo da tempo. Da quel giro di campo in quello stadio che ora porta il tuo nome. Saltavi con i napoletani, tu napoletano per l’eternità.  Avrei voluto allungare una mano, portarti giù, in mezzo a noi, che un giorno così ti avrebbe fatto un gran bene. Quanti incastri del destino, quante coincidenze per riportare quello scudetto in città, che solo tu c’eri riuscito.  Ti ho rivisto in qualche dribbling di Kvaratskhelia, nella grinta di Osimhen, nella determinazione di Di Lorenzo e mi è sembrato che avessi indicato la strada a questi ragazzi. Stella polare, per riportare i ragazzi a casa col tricolore. T’ho visto Maradona, che t’affacciavi da una nuvola. E mi sei parso finalmente in pace. 

Per sempre gli scudetti trafugati negli anni scorso, perchè sarebbe un torto dimenticarli. Perchè il nostro calcio resta marcio e questo traguardo del Napoli non deve essere l’ennesimo Gattopardo, che poi tutto resta uguale. Con le solite facce, i soliti impicci, i soliti amici degli amici che devi tenerteli buoni. Ridiamo allo sport il meraviglioso gusto dell’imprevedibilità, tagliamo i fili di questo teatro triste, con tante marionette e poche mani a governare il tutto. Oggi gioiamo anche per allora, per quel ratto con pochi precedenti. Ricordare è l’unico modo per tutelare passato e futuro. 

Per sempre al generale Kim, che non conosce la parola sosta. Irradia energia, disciplina, rispetto: non è un difensore, è un totem dell’uomo e del calciatore virtuoso. Col suo faccione che ricorda un Manga, è riuscito a colmare un vuoto che sembrava incolmabile, occupando ancora più spazio di Koulibaly. Un antico detto asiatico recita “Domani soffiera' il vento di domani”, forse è stato questo il segreto di Min: affrontare la sfida senza pensare al giorno successivo. Ha costruito quotidianamente una routine implacabile, ha rosicchiato qua e là porzioni di campo e posizioni nelle gerarchie della squadra. “La fragilità del cristallo non è una debolezza ma una raffinatezza”. Ecco cosa è Kim Min-Jae: un cristallo incastonato nel corpo di un gigante

Per sempre alle Dieci cose per cui vale la pena vivere, in stile Woody Allen. Ehm… Per me… Direi Luciano Spalletti che porge la manona ad Allegri dopo avergli rifilato cinque pappine… Kim che fa la mano a cuoppo… Kvara che invita Cuadrado a rialzarsi dopo l’ennesimo carpiato… Tommy Starace che abbraccia un giocatore infortunato come un padre… la girata di Simeone di testa che ha tolto il sonno a Pioli… la fascia sul braccio di un uomo con due coglioni enormi come Capitan Di Lorenzo… Anguissa con la parrucca… Zielinski che s’accascia al suolo come Dorando Petri a Londra… Osimhen che invita Kvara a rialzarsi da terra dopo l’eliminazione col Milan… il viso commosso di ogni napoletano che s’è goduto un viaggio mozzafiato. 

Per sempre a Zielinski e Mario Rui, i grandi reduci di quell’eterna Bellezza mai sopita. Come gocce di rugiada attaccate ad una foglia, hanno resistito e combattuto e vinto la gravità, Sono rimasti lì, ostinati, ad inseguire quel sogno sfumato non certo per colpa loro. La loro vittoria è un tributo alla fatica, alla passione per le grandi distanze, al coraggio di chi si mette a correre e non sa quando e dove ci si potrà fermare. Non si sono fatti distrarre dal traguardo, si sono goduto il viaggio che oggi è diventato il più bello del mondo. Ci vorrebbe una vita intera a raccontarle tutte queste storie, conficcate in un attimo d’eterno come stelle. Brillano Pietro e Mario. Anche loro, per sempre.

Per sempre al Salto nel vuoto di questo Napoli, come fosse Jack Nicholson in ‘’Qualcosa è cambiato’ mentre cerca di non pestare le linee tra le mattonelle per strada e poi si rende conto d’aver sbagliato tutto. “Lei mi ha sfrattato dalla mia vita” dice Melvin Udall (protagonista del film di cui sopra) ed è quello che è accaduto in estate: il Napoli ha cambiato pelle, abitudini, fissazioni. S’è dato un nuovo volto, ha accolto nuove idee, s’è lasciato travolgere da un entusiasmo che si è diffuso nell’etere più delle frequenze di Radio Vaticana. Il segreto? Ognuno ha fatto sorgere nell’altro la voglia di essere un calciatore migliore. Migliorarsi, tutti Per una vittoria, di tutti. Al punto che cercare un MVP sarebbe sciocco come mettere in discussione la supremazia assoluta della Coca Cola in vetro.

Per sempre ad Alex, il guardiano della galleria d’arte che diviene anch’esso capolavoro. Una storia di resistenza, di cadute e risalite. Da Empoli dello scorso anno, ad una stagione da protagonista, con alcune parate che hanno inchiodato lo scudetto sul petto del Napoli con un martello che sembra quello di Thor. Ha affrontato il demone di un possibile fallimento, come Batman rinchiuso in fondo al pozzo di Ra's al Ghul. Alex ha sognato a lungo la scalata, ora la luce è ancora più splendente ed ha un calore differente, come un sole che si è fatto attendere più del previsto. In quei raggi c’è la magia di chi ha il coraggio di rischiare tutto per inseguire un traguardato che sembrava irraggiungibile. Glaciale Meret: ci sono le sue due manone tese a mostrare al cielo il tricolore. 

Per sempre a chi l’ha guardato dall’alto. Piango, per i nonni. Piango, per i padri. Piango, per i fratelli. Piango, per gli amici. Per tutti quelli che questo giorno l’avevano atteso, senza mai incontrarlo. Sono lacrime di gioia, l’omaggio che scivola sul volto a chi questo scudetto se lo meritava. Faremo ancor più confusione, per farci sentire. Per festeggiare insieme. Nel lungo cordone ombelicale della vita, c’è qualcosa che ci lega. Anche dopo. Napoli non dimentica. Il cuore non è una lavagna che si cancella. Mai.

Per sempre a chi ha avuto la gioia di descriverlo. Farei i conti con l'invidia per un'opera di questo livello, che ha tutto quello che ho sempre inseguito: il talento del racconto. Costruire gradini e poi strapiombi e poi ascensori senza parete ed infine bucarne il pavimento per lasciarti cadere giù. E mentre cadi: sogni. E non pensi alla caduta, all'impatto con l'asfalto.  Guardi in alto. All'infinito.E sei vivo. Come non ci avevi mai fatto caso. Grazie Napoli. Anche da parte di un ragazzino che ascoltava le partite alla radio, con un cappello di lana in testa (anche d’estate) e due sciarpe ai polsi. 

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