Non commettiamo lo stesso errore della bestia dello ‘Scimmia di merda’ a Koulibaly

Kalidou Koulibaly, tutti dalla sua parte. Almeno a parole, perché poi si attende che i fatti seguano questa levata di scudi molto social, frenata solo in parte dai blocchi delle piattaforme di Mark Zuckerberg.
Seguano ora azioni reali, concrete, decise. Perchè quella che ‘sono solo quattro deficienti” è una grandissima stron**ta. Sono tanti, tantissimi. Sono gli stessi che invocano il Vesuvio, sono quelli che magari hanno vergogna nel cantarlo eppure quel sentimento, schifoso, infimo, maleodorante che si chiama ‘razzismo’.
E il razzismo non ha sfumature, non può essere mitigato, non si accettano attenuanti, giustificazioni, limitazioni di colpa. Il razzismo è, in quanto tale. E deve essere trattato in ogni sua forma allo stesso modo: rigettandolo.
Che riguardi i napoletani, gli slavi, i calciatori di colore, quelli di Pordenone o di chiunque altro posto nel pianeta. Esprimere un giudizio negativo su una persona per ciò che pensa, per la città da cui proviene è perversione pure.
Non commettiamo, dunque, lo stesso errore di quell’involuto che, a debita distanza perché mai avrebbe il coraggio di farlo guardandolo negli occhi, ha urlato ‘Scimmia di merda’ a Koulibaly.
Non forniamo ai razzisti una zona franca, un’ora d’aria in cui riversare la propria frustrazione. Il razzismo ha una madre unica, i figli sono tutti uguali. È uno schifo, sempre, qualsiasi direzione prenda. Non è il destinatario dell’insulto a dare ulteriore o minore gravità all’insulto. Questo è un errore che non dobbiamo commettere, se vogliamo davvero estirpare il problema da questa società.
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