Caccia al napoletano e divieto di trasferta: quando il rimedio è peggio del male

Il divieto di trasferta non ferma i tifosi del Napoli residenti nelle altre città. Che sempre più spesso sono alla mercè degli avversari; con il rischio che prima o poi qualcosa di grave possa accadere.
14.12.2009 09:00 di  Vincenzo Balzano   vedi letture
Caccia al napoletano e divieto di trasferta: quando il rimedio è peggio del male

Il Ministero degli Interni sbandiera a giusta ragione i dati relativi agli incidenti negli stadi. Che sono diminuiti, e di molto, nelle ultime due stagioni; vale a dire, da quando è stata presa la decisione di vietare le trasferte in presenza di condizioni che facciano supporre criticità probabili e imminenti. Il Napoli ha pagato dazio l'anno scorso, quando dopo la stomachevole vicenda di Roma fu privato dei suoi tifosi fuori casa per tutto il campionato. Quest'anno la tendenza sembra cambiata, anche se fino ad ora sono poche le trasferte alle quali i tifosi azzurri hanno potuto assistere. Quelle nelle quali ovviamente non c'era motivo di acredine con la tifoseria avversaria: Palermo, Genova, Catania, Parma.

RESIDENZA - Il problema sorge quando nelle città dove il Napoli è chiamato a giocare sono residenti tanti tifosi azzurri. Ossia: (quasi) ovunque. E' capitato a Milano con l'Inter, a Torino con la Juventus, a Firenze, a Roma, l'altro ieri a Cagliari. Negli stadi di queste città, dove vengono chiusi i settori ospiti, gruppetti di tifosi del Napoli si ritrovano spesso mescolati a quelli di casa, creando situazioni che fino ad ora solo grazie al buon senso non sono degenerate. Dopo la storica vittoria con la Juventus, ci fu una vera e propria caccia al napoletano all'Olimpico di Torino; insulti, sputi, minacce e quant'altro sono stati subiti a Milano e nella Capitale. A Cagliari il rischio è stato anche più alto. Chi era presente allo stadio, ha riportato la testimonianza di quanto accaduto in tribuna; si badi bene, in tribuna e non in curva, dove alcune situazioni, pur sempre condannabili, sono comunque all'ordine del giorno. Ecco una lettera ricevuta dalla nostra redazione nella giornata di ieri:



"Buon giorno Direttore,
desidererei portare alla conoscenza della S.V. cosa è successo ieri allo stadio Sant’Elia, affinché tutti lettori possano sapere cosa sia accaduto a dieci tifosi del Napoli in tribuna Nord.
Premetto che io sono Napoletano, ma per motivi di lavoro già da qualche tempo vivo in Sardegna.
In settimana io ed altri amici ci siamo recati al punto vendita biglietti della società Cagliari calcio, manifestando la volontà di acquistare i tagliandi della gara appositamente nel settore ospiti, anche se residenti in Sardegna. Ci è stato risposto che il settore ospiti era chiuso e che data la sportività dei supporters cagliaritani non ci sarebbero stati problemi se ci fossimo sistemati in tribuna Nord . La realtà dei fatti è stata alquanto differente.
Infatti quando il Cagliari ha segnato il primo goal l’attenzione dei tifosi del Cagliari si è spostata dal campo da gioco verso di noi. Un’intera tribuna, direttore e quando dico un’ intera la prego di credermi è la verità, ha smesso di vedere la partita per concentrarsi ad offendere con gesti e con le solite frasi inqualificabili noi dieci tifosi del Napoli.
Al pareggio del Cagliari la situazione si è fatta insostenibile, immagini direttore, che gli stessi stewart del Cagliari hanno iniziato ad offenderci con le solite frasi incivili che denotano che non siamo certo noi partenopei gli incivili in questa nazione.
A tal punto abbiamo deciso di abbandonare la tribuna, appena ci siamo alzati, ci è piovuto addosso di tutto, bottiglie, monetine, ma la cosa che ha leso di più la mia dignità, sono stati i numerosissimi sputi indirizzati nei nostri confronti da parte di tutti, comprese mamme con i loro bambini. Dov’è qui la civiltà?
Questo è quello che è accaduto in Tribuna Nord, questa è la civiltà del tifoso del Cagliari, questa è la dimostrazione dell’odio insensato che questa gente nutre nei nostri confronti. Numerosissime sono state le volte che mio sono recato allo stadio San Paolo, ed in tribuna non ho mai visto succedere cose di questo genere. Non mi sono mai sentito così umiliato in vita mia".

(Lettera firmata)

RIMEDIO PEGGIORE DEL MALE -
Situazioni del genere, come detto, sono capitate sempre, quando per i tifosi del Napoli è stato previsto il divieto di trasferta. L'interrogativo comincia a porsi: sicuro che questo rimedio voluto dalle Istituzioni per arginare il fenomeno violenza allo stadio non sia peggiore in realtà del male stesso? C'è il rischio serio, conclamato, che prima o dopo qualcosa di grave possa accadere. Cosa fare allora? Dato il numero elevato dei tifosi napoletani che vivono e hanno residenza nelle altre città italiane, la soluzione, drammatica ma coerente nella logica che ha assunto il Ministero degli Interni, sarebbe soltanto una: giocare queste gare a porte chiuse. Ma avverrà mai? O come spesso è accaduto in Italia saremo costretti a piangere per una "disgrazia", prima che venga adottato qualche provvedimento?

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