Da 0 a 10: Spalletti ignora Ayroldi, veronesi shock al Maradona, la frase assurda di Tudor e la reazione di Juan Jesus

Il Napoli pareggia contro l'Hellas: palo di Osimhen e Mertens, non basta il forcing finale. In gol l'ottimo Di Lorenzo, azzurri in vetta col Milan
08.11.2021 16:13 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: Spalletti ignora Ayroldi, veronesi shock al Maradona, la frase assurda di Tudor e la reazione di Juan Jesus
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Zero alibi e niente proteste. Spalletti imbocca una strada Zen, tira dritto per quello che è il percorso educativo che vuole impartire ai suoi ragazzi. Ricorda, per lo stile, il Phil Jackson dei Chicago Bulls: “Il carattere di un giocatore è più importante del suo talento” sembra ricordare Luciano, che riesce a mantenere la calma pur dopo un arbitraggio che avrebbe fatto uscire di testa anche il più serafico degli sportivi. Di fatto cancella il discorso sui misfatti di Ayroldi, non vuole dare assist ai suoi da cui avrebbe voluto ancor di più.

Uno come il gol preso dopo 435’ di imbattibilità, ma la colpa non è un concetto che può investire Ospina. L’azione del gol nasce dall’omissione di soccorso di Mario Rui, che si fa aggirare da Barak con l’inerzia che non si concilia con l’intensità della gara. Avrà pesato il fatto di esser diffidato? Ecco perchè, nel dubbio, a gennaio serve un esterno difensivo.

Due espulsi nel finale. L’arbitro Ayroldi sbaglia tempi, recuperi, valutazioni. Concede un’aggressione fisica che non viene placata, anzi talvolta la giustifica e la premia. All’appello manca un rigore su Osimhen che non è un rigorino: è un intervento falloso che andava punito con l’unica sanzione possibile. Un potere inaccettabile, quello di certi direttori di gara, di sovvertire la realtà. Ancor più incomprensibile, ai tempi del Var. A fine gara Tudor dice: "Bravo arbitro, non è facile arbitrare a Napoli". Oltre il danno, pure la beffa.

Tre come il terzo incomodo. Il Napoli si è piazzato lì in vetta ed è una sorta di fastidio, materia da archiviare in fretta. Dimenticato dai quotidiani prima di un match così delicato, relegato a fugace striscia nelle analisi post gara: toccata e fuga, per la serie via il dente, via il dolore. Il pluralismo nell’informazione del pallone è morto da tempo. 

Quattro minuti più recupero, davvero troppo poco. Mertens e Ounas entrano quando lo striscione del traguardo è troppo vicino per provare lo stacco di reni decisivo, Ciro scheggia pure un palo che per poco non ribalta il Verona e pure il Maradona. Scelta tardiva di Spalletti, ancor più cervellotica se si guarda alle gare precedenti in cui i cambi di Luciano erano stati sempre decisivi. Esitazione o prudenza? 

Cinque a Insigne, che sbaglia tante scelte e in campionato ancora non ha fatto gol su azione. Bottino magro, asciutto, insipido come la prestazione del capitano che deve necessariamente cambiare marcia e invece si perde tra fastidi muscolari, intrecci e intralci mentali, stilettate del patron sulla questione rinnovo. Le gambe sono pesanti, la testa ancor di più e ogni tanto non è mica un peccato valutare la possibilità di tenerlo in panchina. La staticità è fonte di riflessione.

Sei idioti, diranno, o poco più. Gente che vomita odio dagli spalti del Maradona, dal settore ospiti arrivano oscenità che in altri paesi mobiliterebbero l’opinione pubblica e pure la forza di polizia. In Italia è normale sentire gente che urla ‘Brucia meridione’ o ‘Puzzate sporchi terroni’. Complici, di questo scempio, tutti quelli che minimizzano, che tacciono, che vanno oltre come nulla fosse accaduto. 

Sette ad un gesto, un frammento di partita apparentemente insignificante. Un omaggio romantico, al destro sognatore di Ciro Mertens. Il minuto è l’89’, punizione dai 25 metri per gli azzurri. Tutti lo sanno, quella è la mattonella di Dries. Prima del tiro Elmas bacia sulla guancia Ciro, una sorta di speranza affidata a quel piede che così tante volte ha generato gioia. Il palo suona come un colpo al cuore, ma che bella la semplicità del sentirsi accomunati della stessa lotta. 

Otto alla serietà di Juan Jesus, che immerge corpo e spirito nella missione che gli viene affidata. Si ritrova due volte titolare in tre giorni e non arretra di un centimetro dinanzi alla chiamata alle armi. Solido, concentrato, robusto come un albero che ha radici profonde nel terreno, che non si lascia vincere dagli spifferi delle malelingue. Da terzino e da centrale: duttile come certi politici che sanno giocare su ogni campo senza timore. 

Nove a Di Lorenzo, che dovresti celebrarlo non solo quando segna. Il tempismo è un dono raro, un istinto che non può essere acquisito col lavoro. Giovanni ha questa capacità innata di fare le cose giuste, al momento giusto. Un gol, quando la gara sembra prendere una piega storta. Flusso continuo di energia, idee, soluzioni alternative a bassa emissione di superbia. Viva l’umiltà dei semplici, che cambiano il mondo ogni secondo.

Dieci vittorie e due pareggi e veramente volete fare la faccia triste? Il Napoli è in testa alla classifica, il Napoli non sa perdere, il Napoli poteva vincerle tutte quelle giocate sino a qui. Spremiamo il buono da un pareggio che è parentesi fisiologica, contro un Verona che gioca al limite dell’aggressione fisica. Ci sono Inter e Lazio dopo la sosta, che questo piccolo passo indietro sia solo un modo per prendere meglio la rincorsa. Due gare, quelle sì, che in maniera definitiva racconteranno dove vuole arrivare questa squadra.