Guido Clemente di San Luca a TN - "Ecco perché per le omissioni del VAR è configurabile la frode sportiva"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso per Tuttonapoli le sue considerazioni dopo le ultime polemiche arbitrali.

16.03.2022 14:10 di  Redazione Tutto Napoli.net  Twitter:    vedi letture
Guido Clemente di San Luca a TN - "Ecco perché per le omissioni del VAR è configurabile la frode sportiva"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso per Tuttonapoli le sue considerazioni dopo le ultime polemiche arbitrali.

L’ennesimo scandaloso episodio di mancato intervento del VAR (quello in Torino-Inter, perfettamente analogo a quello di Napoli-Milan della scorsa settimana) mi ha spinto ad andare oltre la rilevazione delle illegittimità. Per evitare di dire sciocchezze, mi sono confrontato con il giudice penale Alberto Maria Picardi (che sul tema aveva pubblicato un post su face-book) e con il prof. Balbi, ordinario di Diritto Penale nel mio Dipartimento. È configurabile il reato di frode sportiva.

Ma, prima di spiegare perché, ancora due parole sulle ragioni che in qualche modo giustificano il parlare di calcio (lo si è fatto, con taglio scientifico, nel convegno della scorsa settimana alla Vanvitelli) in un momento storico così drammatico per la vile aggressione dell’Ucraina ed il rischio non risibile di una terza guerra mondiale.

Dalla osservazione del modo in cui è organizzato il calcio, si possono capire facilmente i fallimenti della democrazia, la cui missione più profonda è quella di costituire un baluardo nei confronti dei pochi potenti, a difesa della stragrande maggioranza degli esseri umani. Con le ingiustizie del suo ordinamento, percepibili da tutti, il calcio rappresenta una efficace metafora per comprendere, fra l’altro, anche perché si arrivi all’abiezione della guerra. Insomma, non è inspiegabile che si perda il senno di fronte alla immutabile e persistente incapacità di impedire il potere smisurato di pochi. I ripetuti insuccessi della democrazia nel porre un argine non meramente parolaio allo spropositato potere di pochi finisce per generare l’incapacità di distinguere il bene dal male. Così si affermano le autocrazie, le dittature.

Più chiaramente: le opacità e la scarsissima trasparenza nello svolgersi fisiologico delle istituzioni negano l’essenza della democrazia. Sul piano puramente logico, perciò, non è poi così eccentrico proporre un parallelismo fra la tragedia ucraina ed il rapporto tra ordinamento del calcio e Stato di diritto. Se perfino in una cosa semplice e fruibile da chiunque, come il pallone, è tanto difficile che si riescano ad affermare i principi di legalità, di separazione dei poteri, di giustiziabilità degli atti e dei comportamenti delle autorità, ebbene questo spiega, meglio di molti sofisticati ragionamenti di geopolitica, perché questi principi siano lontanissimi dal riuscire ad informare di sé le istituzioni statali ed internazionali e le loro relazioni. La democrazia richiede una pratica costante e attenta, convinta e paziente. Se si rinuncia a ciò, se ne scoprono gli effetti devastanti quando purtroppo è ormai troppo tardi.

Ciò doverosamente premesso, l’episodio del rigore non concesso al Torino – al pari di quello non dato al Napoli col Milan – consente di ritenere configurabile il delitto di frode sportiva. La norma così recita: «Chiunque […], al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione […], compie […] atti fraudolenti […], è punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da lire cinquecentomila a lire due milioni» (art. 1, co. 1, L. 401/1989). Come per ogni reato, bisogna verificare la sua possibile sussistenza sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo. Ebbene, sotto il profilo oggettivo, è fuori discussione che si sia operato in modo da determinare «un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione». Sotto il profilo soggettivo, invece, occorre il dolo specifico. Tuttavia questo non necessita per forza di prova diretta, essendo sufficiente evincerlo, senza ragionevole dubbio, dal complesso dei dati fattuali disponibili.

Ora, è indubbio che, in situazioni come quelle in esame – nelle quali l’omissione di un atto dovuto appare incontrovertibile –, il mancato intervento del VAR ben possa integrare gli estremi dell’atto fraudolento. Non sembra cioè confutabile la sussistenza del fumus. E questa, unitamente alla obbligatorietà dell’azione penale, rende doverosa l’apertura di una indagine giudiziaria. Ovviamente, il relativo processo potrebbe anche concludersi decidendo per la insussistenza del dolo al di là di ogni ragionevole dubbio. Ma l’indagine dovrebbe essere aperta. E, visto che il giudice dovrebbe subito acquisirle, la sua apertura consentirebbe almeno di ottenere le registrazioni della ‘sala VAR’. Che invece agli utenti sono tenute nascoste. Perché? Cosa c’è da nascondere? La verità è che il sistema ordinamentale del calcio non è coerente con i principi dello Stato di diritto.

In particolare, è in discussione proprio il ruolo dell’arbitro, che ha il compito di garantire che, sui singoli episodi, vengano sanzionati i comportamenti non conformi alle regole del gioco. La sua attività è concettualmente scomponibile in tre fasi. a) La rilevazione del fatto, e cioè se esso sia o no effettivamente avvenuto. In proposito il direttore di gara (che non è ‘giudice di campo’, come si suole impropriamente ripetere) ben può essere fallace. Ma, nelle ipotesi stabilite dal relativo Protocollo, deve essere assistito dal VAR, la cui opera, in relazione alla rilevazione del fatto, è praticamente quasi infallibile. b) La qualificazione giuridica del fatto, e cioè stabilire se il dato intervento sia o no conforme alle regole. A questo riguardo, la valutazione tecnico-discrezionale dell’arbitro è limitata alla scelta di una delle tre fattispecie prescritte dalla Regola 12: ‘negligenza’, ‘imprudenza’ e ‘vigoria sproporzionata’. c) Infine, la eventuale irrogazione della sanzione, tecnica e/o disciplinare. Quando il VAR inspiegabilmente omette di richiamare l’arbitro a rivedere le immagini che rivelano in modo inopinabile un comportamento illegittimo vi sono i presupposti per verificare la sussistenza del reato di frode sportiva in sede giurisdizionale penale.