Guido Clemente di San Luca a TN "Squadra è fortissima, anche se per ora non gioca bene"
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, commenta così il momento di casa Napoli.
I due canti di fine gara cui entusiasta mi sono unito a squarciagola – «Sarò con te e tu non devi mollare, abbiamo un sogno nel cuore, Napoli torna campione!» e «Chi non salta juventino è!» – sono la sintesi perfetta dei sentimenti dopo Napoli-Monza.
Vedi le altre partite, poi il calendario, e cominci a fare i conti. Benché prematuro, è più che legittimo. Abbiamo una squadra fortissima. Anche se per ora non gioca bene. Oltre a quello che dalla critica viene considerato – sopravvalutandolo – un merito eccezionale (l’aver rivitalizzato lo spogliatoio), secondo me il mister deve fare due cose.
1. La «consistenza» della squadra fa ovviamente e giustamente «sognare la città», ma i sogni vanno trasformati in realtà (fa bene Conte a suggerire di tenere i piedi per terra), e per farlo non basta essere «consistenti». Certo, finalmente tre vittorie consecutive in casa. Ma l’anomalia è stata la scorsa stagione. È facile «spazzar via la depressione in poche settimane». Tuttavia, ripristinata la solidità difensiva, il mister non deve sprecare la potenzialità della strepitosa rosa messagli a disposizione (avendo assunto il Presidente – in controtendenza con la recente storia virtuosa della società – un elevatissimo rischio d’impresa), ed evitare di inseguire in maniera ossessiva quello che ben potrebbe definirsi, col neologismo di moda, ‘risultatismo’. Non sempre è utile, e alla lunga può addirittura risultare controproducente.
Se, ad esempio, al 65-70° minuto della partita col Monza, anziché mettersi a 5 dietro, avesse fatto entrare – che so? – Gilmour, Neres e Ngonge, per un verso, con ogni probabilità, avrebbe vinto più largamente, riducendo l’apprensione, e, per un altro, avrebbe dato più soddisfazione, sia a giocatori che vanno tenuti in caldo sorridenti e partecipi, sia ai tifosi che sono (non soltanto depressi per la scorsa stagione, ma anche) nostalgici del bel gioco e desiderosi di esibire strapotenza sugli avversari. È necessario, sì, essere «determinati, concentrati, cattivi». Ma non è sufficiente. Non si tratta di essere «nostalgici». È persino banale «godersi il Napoli primo in classifica». Ma significa essere miopi nel non vedere che per vincere non basta il «cannibalismo». E, soprattutto, cedere alla tentazione dell’assuefarsi alla eventuale illegalità (se ci avvantaggia, chi se ne frega?!? Vedere il punto 3). A me pare francamente esagerato ritenere che sia «un miracolo aver restituito luce a calciatori che s’erano infilati dentro a un buco nero», o «aver ridato solidità ad una squadra» che s’era smarrita, o addirittura «riuscire ad avere un totale controllo, tecnico ed emotivo, di una squadra intera, di una piazza intera, di milioni di napoletani sparsi in tutto il mondo». Va anche bene essere «concreti», e «badare al sodo». Sempre che questo, però, non sia l’unico credo. Per «divertirci» oc-corre che gli «enormi margini di miglioramento» vengano riempiti di gioco.
2. Se proprio bisogna soggiacere alla indecente dittatura della ‘professionalità’, ebbene, nei caratteri della professione c’è pure, quando cambi casacca, la condivisione dei valori e della cultura dei nuovi colori che rivesti. In altre parole, devi cantare col popolo azzurro, secondo i connotati del-la sua storia. Canti, allora, mister Conte: «Chi non salta juventino è!». Così sarà più credibile il suo dichiarare di essere orgogliosamente «del sud».
3. Abbiamo ricominciato appieno con le decisioni arbitrali illegittime. In Como-Verona una clamorosa espulsione ai danni di Suslov, per un doppio giallo inesistente essendo stato lui a subire fallo dall’avversario. In Napoli-Monza incredibili i commenti assolutori nei confronti di Bianco, che inopinabilmente (è irrilevante se per caso o intenzionalmente) pesta il piede di Di Lorenzo. Rigore non discutibile. Le regole del calcio sono regole giuridiche. Devono essere applicate e fatte rispetta-re secondo i canoni della interpretazione giuridica. Vanno condannati senza appello i commenti che suonano «per me questo non è fallo», «il tocco è troppo leggero, è giusto non fischiare». Questo spazio di valutazione discrezionale è precluso dalla disposizione normativa. Dobbiamo riprendere a batterci con vigore per la legalità!
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