Anche il City di Guardiola ha la sua Empoli

Pensavo fosse Madrid e invece era il Castellani. Se c’è una cosa che il pallone ci ha insegnato, da quando rimbalzando infiamma sogni di qualsiasi bambino nel mondo, è che non devi fidarti di lui. Perchè quando pensi di aver delle certezze consolidate, quando finisci per darlo per scontato, per banalizzarlo, lui è lì, impietoso, che ti impartisce la cinica lezione.
Due pianeti differenti, lo stesso peccato originale: la sufficienza. Il calcio non perdona la superbia, a prescindere dal livello tecnico che si mette in campo. Il Manchester City di Guardiola ha imparato, buttando giù un boccone impossibile da digerire, che nessuna gara si può approcciare con superbia, senza affondare il bisturi nella carne.
Empoli-Napoli e Real Madrid-Manchester City sono gare più simili di quanto si possa pensare. Raccontano, seppur con interpreti molto differenti, la stessa sceneggiatura. Confermano che la volontà è un muscolo che va allenato esattamente come tutti gli altri, alimentandolo con una ferrea disciplina. I passaggi a vuoto di Malcuit e Meret non sono espressione di un valore assoluto, ma strafalcioni così eclatanti che nascono solo da un insopportabile e imperdonabile leggerezza.
Accade a tutti. Se in questi anni le squadre che hanno sconvolto e stravolto le leggi del mercato con gli investimenti insensati degli sceicchi, Psg e Manchester City, continua a sbattere il muso arrivate a un certo punto della Champions, qualcosa vorrà dire. Che c’è qualcosa che non può essere comprato, che non è oggetto di valutazione economica. Un senso di appartenenza, di identità, di condivisione e partecipazione ad un ideale che può consentire di andare oltre. Di superare i momenti di massima difficoltà. C’è una forza che non si misura con i muscoli. Capire che c'è un punto che va oltre lo sforzo, i tentativi. Quello in cui convinci la mente che non è ancora il momento di mollare. Quello in cui non ti accontenti. Dei limiti da superare. Della fatica che non senti, anche quando vorresti crollare. Quel punto lì, determina la distinzione tra una squadra vincente e tutte le altre.
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