Da 0 a 10: lo scudetto già assegnato, l’infortunio che stravolge la storia, i nuovi intoccabili di Conte e la reazione dei rosiconi anti De Bruyne

Zero agli ostinati e contrari, che in linea di principio ci piacciono pure, ma non quando sbattono dinanzi alle evidenze scientifiche. Kevin De Bruyne ha portato qualche sprovveduto a costruire un carro e salirci sopra, dal quale ora non potrà più scendere, perchè ormai è in corsa ed in discesa verso una strada che porta a figuracce miserrime. Si sono voluti inventare ‘Il problema del Napoli’, hanno osato mancare di rispetto ad un artista del gioco, un visionario del pallone, un animale in estinzione come il panda rosso. E il campo regala a loro lo stesso rossore, di vergogna, del panda e dei capelli di ‘Ginger’ Kevin.
Uno il mese intero in cui il Napoli ha sempre preso gol. Era il 30 agosto, si giocava al Maradona col Cagliari e la porta azzurra restava inviolata: da allora, non è mai più accaduto. Sei gare, tra campionato e Champions, che tolgono il sonno a Conte, per cui prendere gol è più fastidioso delle chiamate dei call center col disco ‘Promo Regione’. Mi piace vedere però il lato positivo della cosa, ovvero che la difesa non mi preoccupa proprio perchè c’è un maestro come Conte. È un problema migliorabile, anche col ritorno dei due titolari Rrahmani e Buongiorno. Abbiate pazienza.
Due infortuni, che sono una lezione da tenere a mente per le cose future. Per Conte, Politano è la protezione 50 da portarsi su un’isola dove non esiste ombra, Lobotka il frullatore in un mondo dove la gente nasce senza i denti, giusto per rendere l’idea di quanto li ritenga indispensabili. Però Tonino, come ricordava Abatantuono in ‘Vacanze di Natale 90’: “Da che monto e monto, a tira tira tira il filo si spezza, a riempi riempi riempi la brocca strabocca, ci tai un tito si prente l’incuine!”. Matteo è stato l’unico a non ruotare mai in questo inizio, non può essere solo un caso.
Tre metri sopra Vanja: prossimamente al cinema il film dell’aspirante regista Milinkovic-Savic, che racconta la storia di un espressionista serbo che indossa i panni del portiere e invece fa i lanci millimetrici a sessanta metri. Pazzesca la giocata che avvia l’azione dell’1-1, così come l’impatto di questo ragazzo che se n’è infischiato della pressione di una piazza come Napoli e gioca con una tranquillità da animale a sangue freddo. Ad oggi, per quello che ti dà sulla pressione avversaria col suo lancio lungo e preciso, non esistono dubbi su chi sia il titolare. Ad oggi.
Quattro gol alla neopromossa Cremonese ed ecco l’esaltazione di massa. I temibili grigiorossi si arrendono all’ineluttabile, soccombono sotto i colpi di una travolgente Inter, tornata in poche ore una delle squadre più forti della storia del calcio. La narrazione tossica e inquinata più dei pesci a tre occhi che nascevano vicino alla centrale di Springfield nei Simpson, ha già emesso la sentenza: nuovamente ingiocabili. Fonti autorevoli raccontano di un Paolo Sorrentino pronto a girare il sequel di The Young Pope e The New Pope, affidando a ‘Pio Pope’ il ruolo che fu di Jude Law. Santo Subito.
Cinque a Olivera, che si fa buggerare come quello che in Circumvesuviana crede all’annuncio ‘Treno in orario’. S’addormenta Mathias, omette le regole basilari della marcatura su Norton-Cuffy che gli sguscia via come un capitone rimasto indigesto. Conferma un inizio di stagione sfortunato, per problemi fisici, ed una tenuta mentale in questo momento lontana dagli standard di Conte. Il peggiore.
Sei e mezzo a Juan Jesus, al suo essere perfettamente del ruolo che gli è stato affidato. Mai una sbavatura, mai un excursus fuori copione che possa sporcare lo spartito. JJ fa tutto ciò che Conte gli chiede e lo fa con una dedizione da imprimere nei ricordi dei tifosi, anche per un domani. È uno che quella maglia, questa città, se l’è iniettata nelle vene, come nei sogni di Lucio Dalla. È uno che quando McTominay perde una brutta palla a fine gara (sintomo che è più un momento suo, che una questione tattica), ci mette una pezza e poi urla ‘Scott! Scott! Dai Scott!” Per incoraggiare lo scozzese. A tratti commovente per quanto colmi con l’impegno alcuni limiti.
Sette e mezzo a Francuzzo nostro, che dopo una serie di errori in fila decise di trovare una cabina telefonica, svestire i panni di Clark Kent e tirare fuori la tutina di Superman. E quando Anguissa si ricorda di essere Anguissa, quando inizia a imprimere lo strapotere fisico sulla partita, beh, c’è davvero poco da fare. Per gli altri. Un gol pesantissimo, la sassata respinta da Leali prima del tap-in di Rasmus: c’è molto Zambo nel 2-1 al Maradona. Dopo il vantaggio del Genoa un ‘Secchio d’acqua gelata sul Maradona’: era crioterapia per risvegliare Frank, ma il telecronista non l’aveva capito.
Otto alla danza orgiastica di Kevin, che ammalia chiunque stia assistendo alla partita. Non mi va di parlare di niente altro, se non della giocata fatta sul gol annullato ad Hojlund: con gli occhi dietro la testa, con i tempi perfetti, con la capacità di costruire ponti tra due sponde che altrimenti non si sarebbero mai incontrate. De Bruyne col pallone tra i piedi è come la parmigiana della Nonna la domenica dopo una settimana di Farro, l’emozione che trascende ogni considerazione razionale. È la farfalla che ti vola nello stomaco. Chissà poi cosa vola nello stomaco delle farfalle quando si innamorano.
Nove a Spinazzola che pare la Moira di Jerry Calà nel film Fratelli d’Italia: la regina del ribaltabile. Così Leo prende la partita e la ribalta, la stravolge, ne fa iniziare una nuova, praticamente dal primo pallone toccato. Ogni tentativo del Genoa di disinnescarlo si rivela inefficace, come usare lo spray al peperoncino su un malintenzionato nativo di Corigliano Calabro. Non stava così bene da tanto tempo, troppo tempo. In questo momento Leo in campo e poi altri dieci. E non è mica una battuta.
Dieci al vento gelido che spazza via il Genoa. Hojlund sprinta, protegge, recupera, attacca la profondità con la voracità del piranha e resta lucido davanti alla porta: c’è profumo di futuro in queste sue due gare con tre gol in quattro giorni, c’è la percezione crescente di aver pescato, nella sfiga del ko a Lukaku, un biglietto vincente della lotteria. Siamo dinanzi alla genesi di una coppia da Oscar ai livelli di Jack Nicholson ed Helen Hunt in qualcosa è cambiato: se Rasmus è. La Nutella, De Bruyne è il coltello per spalmarla, se Rasmus è il ragù, Kevin è il cuzzetiello, se Hojlund è salsiccia KDB è chiaramente Friarielli. Ci sono i presupposti per una fantastica corrispondenza di amorosi sensi.
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