L'appello disperato degli 'operai' del pallone: non solo milionari, ma famiglie al collasso dimenticate

L'appello disperato degli 'operai' del pallone: non solo milionari, ma famiglie al collasso dimenticateTuttoNapoli.net
mercoledì 29 aprile 2020, 17:57In primo piano
di Arturo Minervini

(di Arturo Minervini) - Momento complesso. Analisi doverosa, così come i timori da parte di chi valuta la possibilità di una ripresa. Il calcio si guarda allo specchio, ne riceve forme deformate, incapace di darsi un unico volto, di ritrovarsi su posizioni che possano risultare coerenti.

Soluzione altrettanto complessa. Col paese che attende risposte, spera che nei bollettini della protezione civile ci sia una nuova luce, invoca a gran voce sostegni da parte di una classe politica ancora una volta impegnata a sventolare bandiere. Bandiere che negli stadi non ci sono, spalti abbandonati così come i tifosi che in questo momento non riescono a pensare al calcio. Questo è comprensibile, quel che è meno accettabile è lo stato di abbandono di un sistema che muove denaro che sfama centinaia di migliaia di persone.

“Il calcio è l’ultimo dei problemi” ha dichiarato il ministro della salute Speranza, mostrando di avere un quadro poco chiaro di cosa rappresenti sul piano economico il calcio in Italia. Un’ostilità perpetrata a più riprese anche dal Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, incapace di dare risposte concrete e sospeso come una piuma in balia degli eventi, di segnali dall’alto o di qualcuno che prenda le decisioni al posto suo.

Il quadro è, come spesso accade, avvilente. Decisionismo assente, così come idee e progetti per affrontare una crisi inattesa. Da un lato i club hanno proposto alternative, protocolli per la ripartenza, dall’altra si sono trovati spesso a schiantarsi contro muri di gomma. Il calcio non è una priorità, ma i lavoratori del calcio (e non confondiamoli con i calciatori milionari) hanno una dignità pari a quella di tutti gli altri lavoratori. E per questo andrebbero ascoltati, aiutati, sostenuti. 

Che la gestione della situazione sia sfuggita di mano, diventando un braccio di ferro ideologico invece di una partecipata gestione del problema, lo dimostra l’assurda decisione sugli allenamenti. Possibile che un normale cittadino possa correre al parco e club con strutture e medici di primissimo livello non possano organizzare allenamenti individuali nei loro centri sportivi? È la logica che viene meno, che crolla di fronte a banali considerazioni di immediata comprensione. 

C’è il futuro immediato del calcio da decidere. C’è un effetto a cascata che in molti stanno sottovalutando, assumendosi il rischio di un tracollo che andrà a colpire i più deboli e non i più forti. Questa sindrome contro il pallone dei viziati, rischia in realtà di colpire in maniera irrecuperabile gli operai del calcio. I dimenticati. Quelli che non hanno voce per farsi sentire da chi si sta perdendo in un capriccio.