Pacifico: “Alla Numero 1 cresciamo i portieri del futuro. E dopo Donnarumma speriamo di lanciarne altri”

Il calcio italiano è sempre stato un punto di riferimento per l'intero movimento calcistico mondiale. Da sempre, il sogno di ogni calciatore è quello di calcare i campi del nostro paese e di giocare nel nostro campionato: non sarà il più bello, ma di certo resta di gran lunga il più difficile. Poi c'è la storia dei portieri: per anni la scuola italiana è stata giudicata all'unanimità la migliore in assoluta. Fino a quando è stata importata una strisciante cultura esterofila ad imporre estremi difensori stranieri, nella migliore delle ipotesi sudamericani o addirittura di paesi improbabili. Certo, qualcuno è riuscito ad affermarsi, ma sono molti quelli che invece hanno fallito. Ora c'è una scuola, la “Numero 1”, che si pone come obiettivo quello di creare i portieri del futuro, allevandoli sin da piccoli e cercando di capire la reale propensione al ruolo. Che non è affatto semplice, come ci spiega uno dei responsabili della scuola, Alessandro Pacifico: “E' sicuramente il ruolo più delicato all'interno della squadra. Il portiere è l'ultimo argine prima del gol, è sempre sotto la luce dei riflettori. E al di là dell'aspetto puramente tecnico, deve avere una caratteristica fondamentale”.
Quale?
“Deve essere ferrato psicologicamente. Non abbattersi mai. Ecco, per un portiere l'aspetto mentale può diventare anche più importante di quello fisico e tecnico”.
Come nasce l'idea di creare una scuola calcio ad hoc per i portieri?
“Insieme ad Amedeo Petrazzuolo, ex portiere di Juve Stabia, Avellino e Benevento, abbiamo pensato di mettere le nostre conoscenze a disposizione dei bambini e dei ragazzi che intendono intraprendere questo ruolo. E così, quattro anni fa ormai, è nata Numero 1”.
Quale è il vostro obiettivo principale?
“Innanzitutto che i bambini imparino ad amare lo sport, il calcio e il ruolo di portiere in particolare. Ad un età ancora piccola c'è bisogno come prima cosa di divertirsi”.
Come siete organizzati?
“Ci serviamo della collaborazione di allenatori di portieri importanti, con una vasta esperienza alle spalle. Teniamo gli allenamenti presso oltre 30 scuole calcio che sono affiliate a noi”.
Il primo aspetto che curate di più in un giovane portiere?
“Ovviamente la coordinazione. E' fondamentale per tutti, per un portiere ancor di più. Cerchiamo di educarli sia dal punto di vista fisico che da quello tecnico e tattico”.
Il vostro fiore all'occhiello è senza ombra di dubbio Gianluigi Donnarumma.
“Poterlo allenare, e io l'ho fatto in prima persona, è stato un onore. É un ragazzo straordinario, sa stare in porta come un veterano e ha capito, sin da quando era piccolo, che il suo futuro era questo”.
Perchè portieri si nasce, non si diventa. Giusto?
“Esattamente. Noi possiamo indirizzare le doti tecniche e quelle fisiche, ma essere portieri è una qualità innata: o ce l'hai, o non ce l'hai”.
Come ti poni di fronte alla scelta di un portiere straniero o italiano?
“Il calcio di oggi è molto fisico. Nel recente passato le squadre italiano hanno “importato” dall'estero portieri che avevano caratteristiche fisiche importanti, altezza, robustezza, forza. Ma resto convinto che la tradizione italiana degli estremi difensori resti la migliore in assoluto. E noi speriamo in futuro di poterne lanciare altri”.
Quali sono i prossimi passi della vostra scuola?
“Ciclicamente organizziamo degli stage che servono a far conoscere la nostra filosofia e il nostro lavoro. Il prossimo è a marzo, poi a giugno ne faremo uno in grande al quale presenzieranno lo stesso Donnarumma, Mirante e qualche altro portiere di Serie A. E in futuro speriamo di esportare il nostro progetto all'estero, abbiamo già preso contatti in Canada dove speriamo di sbarcare l'anno prossimo”.
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