Caso Raciti, Corte d'Assise condanna Micale a 11 anni

La prima Corte d'assise di Catania, accogliendo integralmente la richiesta del pm Andrea Bonomo, ha condannato a 11 anni di reclusione, per omicidio preterintezionale, Daniele Natale Micale, 23 anni, a conclusione del processo per la morte dell'ispettore Filippo Raciti, deceduto per le ferite riportate durante gli scontri dentro e fuori lo Stadio "Angelo Massimino" il 2 febbraio del 2007 durante il derby di calcio con il Palermo. La Corte ha inoltre condannato l'imputato al pagamento di 25mila euro ciascuno alla presidenza del Consiglio dei ministri e al ministero dell'Interno per danni non patrimoniali. I giudici hanno anche disposto il pagamento esecutivo di una provvisionale di 75 mila euro ciascuno per la vedova e i due figli dell'ispettore Raciti e di 50 mila euro per il ministero dell'Interno. Per la morte dell'ispettore è accusato anche Antonino Speziale, che il 9 febbraio scorso è stato condannato a 14 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. La sentenza è stata emessa dal Tribunale per i minorenni perchè all'epoca dei fatti l'imputato non era ancora maggiorenne. La vedova: giustizia è fatta. «Giustizia è fatta, ora potrò dire ai miei due figli che gli assassini del loro padre sono stati condannati: è una notizia che attendono da tre anni». Così Marisa Grasso, vedova dell'ispettore Filippo Raciti, ha commentato la condanna. «Mio marito indietro non torna - ha aggiunto Marisa Grasso - ma questa sentenza è una risposta di giustizia che porto a casa a miei figli, che hanno perso il padre: è morto mentre lavorava per difendere la giustizia e Catania». La madre dell'imputato: «Gli hanno distrutto la vita condannandolo senza prove.
La chiedo io giustizia e i danni per mio figlio e suoi fratelli. Ci stanno facendo morire...». Così Rosaria Palermo, madre di Daniele Natale Micale, commenta in lacrime. «Ho atteso tre anni in silenzio ma adesso lo devo dire: non ho più fiducia nella magistratura. Ma Dio vede e provvede... Mio figlio in carcere non ci andrà, ci andrò io al suo posto: lui si deve godere la vita. La sua colpa è stata di trovarsi al momento sbagliato al posto sbagliato, ma può capitare a ciascuno di noi». «Capisco che soddisfatti della sentenza possono essere, con tutto il rispetto per loro, i familiari dell'ispettore che possono dire di avere trovato i colpevoli, ma dove sono le prove? Io voglio le prove. Ma quante cavolate abbiamo sentito...». Accanto a lei anche la sorella di Daniele Natale Micale annuisce e tra le lacrime continua a ripetere : «Hanno condannato un innocente mentre i veri colpevoli sono ancora fuori».

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