Da 0 a 10: l'assurda risposta di Rocchi ad Insigne, il regolamento distrutto per De Ligt, le ferite del fuoco amico e la fionda rotta

Calcio Napoli: A Roma brutta prestazione della squadra di Ancelotti. Super Meret non basta, ancora in gol Milik con assist di Lozano
03.11.2019 13:33 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: l'assurda risposta di Rocchi ad Insigne, il regolamento distrutto per De Ligt, le ferite del fuoco amico e la fionda rotta
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(di Arturo Minervini) - Zero ai ripetuti momenti di assenza. Una costante che va oltre Roma, che diventa allarme, perché diabolica perseveranza di una squadra che si specchia e non si ritrova bella come ricordava. È un Napoli che si gira di schiena alla realtà, rimugina, accarezza un ricordo che gli sfugge di mano e fa scendere una lacrima. Poi si ridesta, fiammate di qualità che non sempre possono bastare, per poi ricadere nella paura che attanaglia chi inizia a temere di perdersi nell’eterno ritorno di una natura da incompiuto. 

Uno il turno di squalifica ad Ancelotti. La beffa oltre il danno di una gara che resterà vessillo della vergogna, stendardo che dovrebbe far arrossire chi gestisce questo circo. Nessuno potrà mai dimenticare quello che accaduto con l’Atalanta. Nessuno potrà perdonare certi commentatori imbarazzanti ed una stampa che ha voluto sotterrare lo scandalo. L’assenza di Carlo è un ulteriore capitolo di questo stucchevole film da quattro soldi. Saga arricchita dalla folle risposta di Rocchi ad Insigne: "Hai sbagliato più tu che io in questa partita". Siamo alle comiche.

Due gol subiti, che potevano essere di più senza lo spettacolare Meret. Sono 15 le reti incassate in 11 gare, numeri che non necessitano di commenti. Numeri che bruciano come una ferita curata con il sale, sensazioni di vulnerabilità che al confronto Bridget Jones era una donna stabile emotivamente. Manolas e Koulibaly sembravano essere ingredienti sensazionali, ma per fare una buona ricetta bisogna che ci sia capacità osmotica tra le parti. Citando un memorabile Massimino: "Presidente, al Catania manca l’amalgama”. Risposta: “Ditemi dove gioca e io lo compro”.

Tre gare e due punti all’attivo. Spal, Atalanta e Roma disegnano uno scenario poco allegro, tra disastri arbitrali e difficoltà evidenti nella fluidità del gioco. È un Napoli dai Tria Corda, come raccontato da Ennio, ma non per le capacità linguistiche bensì per le difficoltà nel restare coerente con la propria natura. Altra formazione diversa ed altra partita con pochi punti di continuità con l’ottima prestazione contro l’Atalanta. È come se nel petto di questa squadra pulsasse un cuore che non sente suo, che non gli appartiene, un trapianto rigettato che rende ostico il flusso del sangue e delle idee. È come essere uno dei cloni di Hugh Jackman in ‘The Prestige’, senza mai scoprire quale sei veramente. 

Quattro alle ingenuità di Callejon e Mario Rui. Con il Var riacceso per l’occasione, impossibile pensare di passarla liscia per un braccio che va verso il pallone, quello di Josè, e per quello spalancato di Mario Rui più di una finestra nel mese d’agosto. Leggerezze che raccontano in maniera fattuale una discrepanza tra volontà e realtà, una distanza crescente tra desiderio ed operato. Quando sei in difficoltà basta un soffio di vento per piegarti le ali, figuriamoci i danni che può fare il fuoco amico.

Cinque al pomeriggio da uomo comune di Fabiàn. Fa male vedere uno baciato sul viso dal talento cristallino sbagliare tutto quello che prova a fare, anche passaggi banali. Un turno di riposo come al Monopoly senza passare dal via, un’astensione dalla lotta quasi come rivendicazione di indipendenza. Complicato fare bene se quella che dovrebbe la tua luce si è fulminata già prima di cominciare. 

Sei ad un lampo di speranza. L’accelerazione di Lozano lascia sul posto Kolarov e manda in gol Milik, con il messicano che lancia segnali di vitalità dopo un momento difficile. Non è ancora il giocatore che Ancelotti ha voluto fortissimamente, ma nel fisiologico periodo di ambientamento e con un Napoli in difficoltà come squadra gli si possono concedere tutte le attenuanti generiche del caso. Diciamo che Hirving in questo quadro astratto è il meno colpevole tra i colpevoli. 

Sette punti in meno rispetto allo scorso anno. E qui non c’è il Napoli di Sarri, c’è quello di Ancelotti che fa a cazzotti con se stesso. Che, soprattutto, distrugge tutte le belle teorie estive di un Napoli avvantaggiato dalla conferma della guida tecnica rispetto alle big, di una squadra che avrebbe goduto nel muoversi su una struttura già consolidata. Invece, la sensazione è totalmente differente. È un neonato che si muove a tentoni, alla scoperta del mondo. Cade, si scotta, ma non matura la paura del fuoco. Forse l’aspetto più preoccupante è proprio questo: l’incapacità di cogliere dalla storia le grandi lezioni che ti fanno diventare migliore. In estate Ancelotti aveva dichiarato di aver preso la mira con la fionda per colpire la Juve. Evidentemente ha calibrato male il colpo.

Sette anche le ore di differenza, eppure una distanza maggiore di quella della Terra da Farout, il corpo celeste più lontano del Sistema Solare. Viaggiano galassie di luci (e soprattuto ombre e buchi neri) tra il tocco in area di Callejon (punito) e quello (a braccio largo) del pallavolista scuola Ajax De Ligt (perdonato, ovviamente). Costellazioni di energia con uomini vestiti con una divisa che giocano a dadi con la passione ed i destini di un campionato dilaniato da una squallida distinzione di trattamento a seconda della maglia indossata. ‘Oltre’ è una parola meravigliosa, che può diventare orribile quando si usa per indicare un sistema che ha superato ogni decenza. 

Otto pali, il settimo di Arek (poteva far meglio), l’ottavo di Piotr (sfortunatissimo) nella stessa azione. Giusto analizzare gli aspetti negativi, doveroso però fermarsi un secondo ad imprecare conto una sorte che viaggia in direzione ostinata e contraria, al punto che le parole di De Andrè sembrano scritte giusto per questo momento: “Come un’anestesia, come un’abitudine, per chi viaggia in direzione ostinata e contraria”. Questa la strada presa dal fato, girato di spalle e sordo alle richieste del Napoli. Non resta altro che affidarsi ad una ‘Smisurata preghiera’.

Nove alle note positive. Dopo l’errore con l’Atalanta, Meret dimostra di avere attributi che potrebbero richiedere di diventare provincia autonoma, tenendo in piedi la casa di carta costruita dagli Ancelotti nella trasferta romana. Si avventa famelico e rapace sul rigore di Kolarov dal dischetto, ricordando a tutti che ‘Il talento è un dono, ma il carattere è una scelta’.

Sorriso anche per Milik, perché la continuità è tutto quello che gli mancava. Cinque reti in quattro gare, pali, traverse, tante occasioni sul sinistro, sul destro, sul mancino. Un polacco in crescita, che deve smussare qualcosina ed avere meno smania in alcune occasioni importanti, ma il bottino di gol resta importante. Le due estremità hanno funzionato, il problema sta diventato tutto quello che c’è in mezzo.

Dieci all’unità come unica medicina. Allo schieramento spartano da assumere applicando il teorema che ‘la vera forza di uno spartano è il guerriero al suo fianco’. Non è il momento delle trombe dell’apocalisse e nemmeno delle carezze. È il momento del silenzio. Della riflessione. Dell’investigazione dentro l’animo di una squadra che solo a tratti riesce a tirare fuori le proprie qualità. Il girone Champions è importantissimo, ma mettere in pericolo il minimo sindacale del 4° posto vorrebbe dire minacciare l’intero progetto, minare questa struttura dalle fondamenta mettendo in discussione tutto e tutti. Bisogna solo rimboccarsi le mani e lavorare. Non è più tempo di sperimentazioni, di compromessi, di diplomazie, di capricci. Ora conta solo il Napoli. I suoi tifosi. La passione che in alcune gare non è stata rispettata. Serrare le fila e pedalare come gregari con la testa bassa e la soglia della fatica spostata oltre l’infinito.