Da 0 a 10: l’esclusivo labiale di De Bruyne, la bufala su McTominay, la scelta shock di Conte e la vendetta del grande assente

Zero alla mezz’ora, un pessimo omaggio a quella di Enzo Cannavale, una delle più brutte dell’era Conte. Al netto delle assenze, di cui parliamo dopo, è stato un Napoli versione materasso memory foam, capace di auto modellarsi adattandosi alla forma del corpo del rivale, facendo esattamente ciò di cui il Milan aveva bisogno. Spazi incredibili, passaggi senza pressione, uomini lasciati più soli di quelli della canzone dei Pooh. Divorati sul piano dell’intensità e della voglia, gli azzurri hanno concesso ad Allegri di attuare il suo piano preferito: andare in vantaggio e arroccarsi come nel Fosso di Helm. Il Signore non degli Anelli, ma dei catenacci.
Uno il cambio che ha fatto arrabbiare De Bruyne che si sarà chiesto: esco quando siamo con l’uomo in meno, come col City, ed esco pure quando siamo con l’uomo in più? Come direbbe Lino Banfi: “E che Chezzo ma sempre a me!”. Conte rinuncia alla sua qualità (anche sui calci piazzati), quando la qualità era l’unica cosa che serviva con l’assenza di spazi ed esagera nel dopo gara: c’era da fare il pompiere e invece si mette a fare il ‘bombarolo’, con l’esercizio di machismo probabilmente inappropriato. Ogni tanto bisogna pure comprenderli certi momenti e chiedersi se, forse, non si sia commesso qualche errore.
Due esterni d’attacco, come se fossero la panacea di ogni male. Troppo riduttivo, estremamente semplicistico pensare che il 4-3-3 puro sia la soluzione, ma su una cosa vorrei un plebiscito di consensi: David Neres deve giocare di più. Conte sta cercando di trovare il giusto equilibrio, è Walter White alla caccia della perfetta combinazione degli elementi “La chimica è lo studio della materia, ma io preferisco vederla come lo studio del cambiamento”. E i cambiamenti portano pure a prendere qualche batosta, è un passaggio necessario per assumere nuove forme, per aprirsi nuove possibilità, per coltivare nuovi terreni e battere strade mai prese. Siamo disposti ad accettarlo? Siamo consapevoli che ci ritroveremo qualche altra volta in questo angolo buio? Io sì. E ho piena fiducia nel lavoro di Conte.
Tre quarti della difesa rivoluzionata in casa del Milan e qualcuno si sorprende delle sbavature lì dietro? Come arrivare nei pressi dell’uscita ‘Corso Malta’ in tangenziale e stupirsi del traffico. Il Napoli di Milano era in emergenza totale, provate a ribaltare la questione: con chi avrebbe giocato Allegri con i 2 centrali titoli infortunati e senza i 2 terzini sinistri? Prima di sentenziare sul mercato, sulle mancanze, proviamo ad analizzare invece le presenze, ovvero chi c’era: in questa moria delle vacche il Napoli ha schierato uno pagato 20 milioni, Gutierrez, un Nazionale Under 21 che deve sicuramente crescere ancora, Marianucci, e l’usato sicuro Juan Jesus. Come nell’Attimo Fuggente: “Guardate le cose da angolazioni diverse, anche se possono sembrarvi sciocche o sbagliate”.
Quattro e mezzo, cinque o fate un pochino come vi pare. Le pagelle sono un gioco, il tentativo di fotografare un momento, riassumere con un numero qualcosa di più complesso. Marianucci è la scelta shock di Conte e il ragazzo sbaglia tutto, ma le colpe non sono solo sue. Un sistema, una comunità o qualsiasi altra cosa che comporta un’interazione, è diffidente con le novità. Come prima forma di difesa, si chiude, tiene fuori il corpo estraneo. Il povero Luca si trova sin da subito come Ramazzotti, ai bordi di periferia, senza mai riuscire a raggiungere il centro. L'emergenza di ieri è figlia di una prudenza eccessiva nelle gare precedenti: bisogna allargare le rotazioni, non solo quando gli altri sono infortunati.
Cinque gol presi nelle ultime tre gare di campionato: una sorta di abiura del concetto primario di Conte, uno squarcio profondo nella tele e nel cuore del tecnico, che al confronto Lucio Fontana usava le forbici con la punta arrotondata. Prova male fisico Antonio, lo si vede, quando commenta i gol presi e le dormite di squadra, non di reparto (ci tiene a sottolinearlo) che permettono al Milan di segnare due volte senza fare nemmeno fatica. Per Conte è qualcosa di più intollerabile dei messaggi vocali da 5 minuti (a tutti gli effetti un rapimento di persona) che iniziano con “Niente”.
Sei mezzo a Lobotka, l’ultimo appiglio, il porto sicuro che t’accoglie quando fuori c’è Tempesta. Il Napoli è rintontito, ha preso due pugni che non si aspettava di prendere, ci sarebbero tutti i presupposti per crollare. E poi c’è Stan, che si mette a ricucire, pian piano, le ferite, le idee e pure qualche paura. Quando sposta tutto il peso del corpo da una parte, e poi invece va dalla parte opposta, ricorda che alcune leggi della fisica possano flettersi al cervello umano, come il bambino di Matrix che piega con la mente tutti gli oggetti. “Non è il cucchiaio a piegarsi, ma sei tu stesso”.
Sette mesi senza perdere una partita in campionato: era il 23 febbraio sul campo del Como. Un lasso temporale così ampio da mandare, forse, in confusione qualcuno. Sì ragazzi, si può anche perdere. Succede, capisco che sia divenuta tradizione desueta, ma accade e non può, e non deve, essere sempre un dramma. Le mazzate sono lezioni, i lividi sono pagine da memorizzare, le ferite stimoli ad alzare l’asticella. Il pallone non è una moda, il Napoli è ancora primo ma se ti fai un giro nei bar in città pare che siamo una squadra sgarrupata e fatta improvvisamente di pippe colossali. Ovviamente erano tutti in piazza lo scorso 23 maggio a festeggiare lo scudetto. Forse dovreste riguardare le foto sul telefono e darvi una regolata.
Otto sulla schiena, ma poca corrispondenza col nome che si legge. Quello di San Siro è il Frat di McFratm: in ritardo su entrambi i gol del Diavolo e pure in alcuni incursioni offensive che potevano premiarlo. S’era guadagnato però un rigore, negato clamorosamente dalla smania di protagonismo di Chiffi che pensa di avere più certezze del Var. Leggenda metropolitana cavalcata da qualche affabulatore nostrano: Scott è in difficoltà per colpa di De Bruyne. SCIOCCHEZZE. C’era De Bruyne col Sassuolo quando McTominay ha fatto il McTominay, attaccando alla perfezione lo spazio e con i tempi giusti.
Nove punti l’Inter, undici la Juve e dodici per Napoli, Roma e Milan. Già, il Milan, con grosse individualità, un allenatore vincente e nessuna Coppa da giocare. Nel racconto popolare, come accade lo scorso anno al Napoli, dovrebbe diventare la favorita di tutti per lo scudetto. Invece molti abbozzano, non lo dicono, pure se magari lo pensano. Il racconto del calcio in Italia ha dei seri problemi di libertà di pensiero, s’è incastrato tra le maglie del retino che prova a raccogliere più soldi possibili, finendo per avere meno credibilità di Crudelia De Mon ad una gara di barzellettieri. E noi mica siamo fessi che proviamo a farci male da soli? Sì, siamo fessi.
Dieci la somma dei voti di Hojlund e Lucca che suggeriscono il titolo ‘L’importanza di chiamarsi Romelu’. L’assenza "‘è 'o metro 'cchiù sincero pe' valutà quanto vale overo l’ammore". Quanto s’è sentita ieri la mancanza di Lukaku, in tutti quei palloni che era capace di risucchiare come fosse un buco nero, per poi smistarli ai compagni. È il contesto a fare la differenza, è il sistema che esalta le qualità: una sentenza quasi come Yuri Romanò dell’ItalVolley in battuta. Big Rom è la Beatrice di Dante per Conte, l’ispirazione primaria di ogni concetto successivo nello sviluppo della manovra. Rasmus e Lorenzo devono imparare a fare quel lavoro che è imprescindibile per le idee di Antonio, il verso che nessun altro sa declinare allo stesso modo nella poetica Contiana.
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