Pino, Massimo, Diego e un racconto senza nostalgia: l'arte non muore mai

Le parole come la musica, un calcio ad un pallone come una risata. Ricordi che si confondono, colori di una Napoli meno social ma più umana. Pino Daniele, Massimo Troisi, Maradona ed i meravigliosi anni ottanta. Non c'è nostalgia in questo racconto. La nostalgia è destinata a qualcosa che non c'è più. E' una debolezza del cuore di chi non sa cogliere l'eternità di certi ricordi. Una mano sapiente accarezza una chitarra, una voce diversa ti racconta le tue paure, le tue inquietudini, le tue debolezze.
Pino Daniele ci ha porta per mano tra i vicoli di Napoli, quelli dove respiri la storia. Un meraviglioso viaggio iniziato tanti anni fa, con i capelli un pò arruffati, il cuore nero a metà di chi ha sciolto nell'oro della sua musica due cuori maltrattati di gente che ha dovuto sempre subire le oppressioni e le ingiustizie. L'anima argentata di Napoli con quella dei vicoli di New Orleans. Tradizione ed innovazione. Condivisione e quella strana malinconia che ha sempre accompagnato la sua musica, i suoi occhi. Perchè chi è figlio di Napoli, nell'anima e non negli spot televisi, non può che essere così. Massimo era come Pino. Erano così simili da parlare la stessa lingua, anche restando in silenzio. Anzi, erano proprio in quei silenzi, che la loro amicizia diventava sempre più salda. Più sincera.
Il silenzio. Quello che adesso regna nel posto dove hai deciso di rifugiarti. Pino i riflettori non li amava tanto. Pino amava la sua musica, la gente normale. Pino amava rifugiarsi tra le pareti della sua chitarra, regalare emozioni facendo quello che sapeva fare meglio. Raccontarsi. Raccontarci. Se dovessi spiegare ad un alieno, cosa è Napoli, beh, la colonna sonora di questo racconto potrebbe essere sicuramente una delle sue canzoni.
La mano accarezza la chitarra, la chitarra ti accarezza le corde dell'anima. E' uno scambio equo. Senza interesse. Senza corruzione. La purezza dell'arte che ci ricorda che, in fondo, possiamo essere immortali anche noi. Non c'è nostalgia in questo racconto. Non c'è fine in questa storia. Sensazioni che ad occhi chiusi puoi quasi toccare, per quanto intense. Come quei colori cantati che facevano vibrare il San Paolo. Mille colori di Napoli. Oggi, da oggi, saranno novecentonovantanove. Pino Daniele non lo conoscevo, ma lui conosceva me, conosceva noi, forse più di chiunque altro.
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