Juve-Napoli tutta in un paio di metri. Dal capolavoro tattico al coraggio mancato: ecco i giudizi da "risultato"

La solita stilettata, amarissima conclusione in un destino che ammicca alla Vecchia Signora senza tuttavia ridimensionare cuore e ardore del Napoli. La partita dello Stadium, non spettacolare per quanto racconta l’unico tiro in porta di Zaza, è stato invece un capolavoro tattico da una parte e dall’altra. Allegri ha ridisegnato una Juve intelligente ed estremamente rispettosa dell’avversario. Sarri gli ha risposto con quella intensità nelle brevissime distanze che ha reso la sua creatura materia di studio in giro per il mondo. A mente fredda si discute su quel coraggio cui avrebbero dovuto aggrapparsi a due mani gli azzurri per provare ad assaltare il fortino della Juve, risistemato nel finale con Zaza unica punta.
Chi sostiene questa tesi dimentica la compattezza e la solidità dei bianconeri, bucati solo da Cassano nel 2016, blindati in difesa e in mezzo al campo dalle prestazioni monstre dei suoi uomini. Solo i dettagli avrebbero potuto interrompere l’equilibrio della scacchiera, o la volontà folle di rischiare il tutto per tutto quando il pareggio era di per se risultato gradito anche ai bianconeri. Come ampiamente previsto l’episodio ha tracciato il solco, nello stesso momento in cui la prudente attesa della Juve ne aveva fatto immaginare la compiacenza alla divisione della posta. E’ in questi momenti, o per meglio intenderci in un paio di metri, che svoltano partite come Juventus-Napoli. Il tempismo estremo di Bonucci, già infortunato, su Higuain nel primo tempo è il marchio di fabbrica di una squadra che ha pagato dazio per tre mesi dinanzi agli addii di Pirlo, Vidal e Tevez. L’impercettibile calo di tensione azzurro nell’occasione che porta al gol Zaza, dal pallone perso da Mertens fino alla benevolenza di Koulibaly, ciò che invece concede il Napoli all’istinto killer dei dirimpettai. Averli irretiti con l’organizzazione e riempito il serbatoio della rabbia dovrà naturalmente alimentare la consapevolezza di un gruppo onorevole: lontano dalla disponibilità d’organico del club con fatturato più alto ma allo stesso modo capace di imprimere un marchio alla serata di gala da cui non esce assolutamente sconfitto.
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