Paratici allo scoperto: "Ecco perché ho patteggiato. Plusvalenze? Si dice una cosa errata"
Lunga intervista rilasciata da Fabio Paratici a Sky Sport. Il direttore sportivo del Tottenham ha parlato di vari temi, dal processo plusvalenze al mancato approdo al Milan, dal suo ritorno al Tottenham al ruolo di direttore sportivo fino alla Juventus con la quale ha avviato un incredibile ciclo vincente.
Sul processo che lo ha visto coinvolto "Mi sentivo quasi la vergogna di dover dire che non avevo fatto niente di male. Vicenda lunga che si è divisa in diverse fasi. Dobbiamo dividere la fase personale da quella di dirigente. La fase personale soprattutto all'inizio ti senti spaesato, non sai cosa sta succedendo, non ne sei abituato. Devi confrontarti con argomenti che non hai mai affrontato, situazioni che non ti aspetteresti di dovere affrontare. Quindi devi migliorare e alla fine di questa vicenda ti senti migliorato come persona".
Cosa è cambiato dal punto di vista dirigenziale "Dal punto di vista del dirigente hai l'opportunità di conoscere una vita che non conoscevi e quindi è stata un'opportuinità quella di seguire i miei figli giocare. Mi sono rinfrescato la mente conoscendo meglio i settori giovanili meglio di quanto non lo sapessi negli ultimi anni visto che non lo facevo più".
Sulla condanna "Nessuno ha mai spiegato che la Juventus, io e le persone coinvolte siamo stati condannati non per la valutazione artificiale o distorta dei calciatori ma per un principio contabile che non è mai stato utilizzato prima e non è stato utilizzato nemmeno dopo".
Secondo l'accusa veniva colmato un bisogno del bilancio con le plusvalenze dei giocatori "Questo non è assoltutamente corretto. Se n'è parlato molto perché è la cosa più popolare. Ci sono decine di criteri per cui le valutazioni dei giocatori cambiano, altrimenti non staremmo a parlare di occasioni di mercato".
Esistono dei range di mercato? "Certo, un range logico ci dev'essere per gli operatori di mercato. Ma alla fine si entra in una soggettività assoluta".
Su quanto si è detto sul suo conto "All'inizio sono stato non deluso ma sorpreso del fatto che le persone che facevano il mio stesso lavoro spesso commentassero senza praticamente sapere nulla delle reali vicende. Questi commenti gratuiti sono stati molto sgradevoli dal mio punto di vista, io non mi sarei mai permesso di farli. Vado avanti per la mia strada, la gente che lavora con me sa che sono una persona molto diretta, professionale, passionale ma molto leale".
Si è parlato del patteggiamento e della sua formula "La richiesta di applicazione della pena è stata una scelta responsabile. La vicenda è durata quattro anni e mezzo, la squalifica sportiva era già stata scontata, il procedimento penale era soltanto all'udienza preliminare. Per gli anni a venire non avremmo avuto nessuna certezza, logicamente dopo quattro anni e mezzo di questa vicenda si è deciso in maniera responsabile di fare questa richiesta di applicazione della pena e abbiamo chiuso la vicenda, ecco".
Sulla trattativa col Milan. C'è stato un ripensamento da parte del club circa la sua squalifica o c'è stato dell'altro? "Siamo stati molto vicini. Poi se il matrimonio non si è concluso totalmente non so qui a chiedermi il perché. Diplomatico? No, non lo sono e non miglioro in questo. Ma non posso stare a chiedermi il perché, dopo tutto quello che ho passato, se questo ha influito su delle decisioni di un club".
Al Tottenham ti hanno fatto sentire a casa? "Qui mi sento a casa perché loro mi hanno fatto sentire veramente a casa. Sono arrivato a giugno 20/21, a novembre è partita questa vicenda giudiziaria, sportiva, penale molto forte e quando tu sei in un posto dove ti conoscono parzialmente hai questa paura che ti giudichino, ti vedano con degli occhi diversi e qui non mi hanno mai giudicato, mai fatto sentire in dubbio. Mi hanno sempre aiutato, sempre supportato. Non c'è mai stato un momento in cui ho sentito: 'Eh, però, Fabio...'. Sono stato squalificato, sanzionato, sono rimasto qui come consulente dando le dimissioni per rispetto di questo club che non c'entrava niente con questa vicenda. Loro mi hanno voluto tenere come consulente e alla fine della squalifica ho ripreso il mio lavoro dall'esatta posizione in cui ero e non posso che ringraziarli".
Si dice che Paratici sia bravo a scovare i talenti ma ha bisogno di un controllore per le spese? "Ognuno di noi ha le sue caratteristiche. Per quello in cui mi riconosco sicuramente sono una persona più di parte tecnica, ma quando hai un ruolo di responsabilità gestionale, una proprietà e un club ti mettono a disposizione una potenza di fuoco che è data dai salari, dagli ammortamenti e dagli investimenti. Hai un numero e devi cercare di fare del tuo meglio con questo numero".
Mai chiesto un extra budget? "No, non funziona così. Quando ti mettono a disposizione un budget devi fare del tuo meglio con quello che hai. Faccio questo lavoro da 22 anni, ho avuto solo 3 club: Sampdoria, Juventus e Tottenham e meglio di chi lavora con te, dei tuoi proprietari, non ti può giudicare nessuno e se sono rimasto così tanto in questi club credo siano stati soddisfatti del mio lavoro".
Tra i dirigenti italiani sei quello che ha vinto di più. C'è un metodo? "La prima cosa che posso dire è che tutto ciò che si vince si dimentica velocemente mentre quello che non si vince ti rimane nella testa. Ricordo più le finali perse e le ricordo con dolore fisico ancora adesso. Quando vinci ti sembra tutto quasi normale e ripetersi per 9 anni di fila è qualcosa di pazzesco. E per stare primi tutto questo tempo devi partire dal lunedì a lavorare da primo in classifica. Questa è una cosa incredibile che la gente che ha lavorato alla Juventus ha fatto e che difficilmente sarà ripetibile".
La ricerca di un calciatore per un grande club da cosa parte? Bastano tanti soldi? "Costruire una squadra è molto difficile. Individuare un giocatore bravo è molto più facile. Quando devi costruire una squadra unendo i tasselli è molto più difficile, quasi un'arte. È come uno chef che ha tanti ingredienti ma deve fare una grande cena".
Il rapporto con l'allenatore quanto influisce nella costruzione della squadra? "Tantissimo. Penso che il rapporto direttore-allenatore è importante, ci credo ciecamente. Da direttore devi quasi annullare le tue idee calcistiche, per sposare quelle dell'allenatore che hai. Se tu mi chiedessi qual è il tuo calcio? Oggi risponderei: quello di Thomas Frank".
Non ti è mai capitato di voler convincere un allenatore che per un determinato gioco era più funzionale un altro giocatore? "Ho sempre discusso con i miei allenatori di calcio e devi essere ferrato, altrimenti ti distruggono calcisticamente. Il direttore sportivo deve supportare e sopportare l'allenatore. Siamo lì per aiutarlo, non per discuterlo".
Quanto è importante il ruolo del dirigente? "Il ruolo del dirigente è fondamentale perché deve far sì che tutto funzioni bene, mettendo l'allenatore, i giocatori e i tuoi dipendenti dell'area tecnica nelle migliori condizioni possibili per performare ad alto livello".
In cosa la Premier League si distingue dalla Serie A? "L'approccio è totalmente differente. La Premier League è una istituzione, un brand globale pazzesco, pari all'NBA, vista in tutto il mondo. Questo fa sì che ci sia una serie di cose diverse da quelle che facciamo noi che possono essere 'rubate' o seguite. Si parte da un approccio diverso".
Da dove dovrebbe iniziare l'Italia? "Per quel che riguarda l'Italia le prime cose da migliorare sono le infrastrutture: stadi, centri sportivi. Partiamo da qui e poi vediamo che succede".
Da quando è cambiato il management, la Juventus non è riuscita a risollevarsi. Come mai? "Questa è una domanda che quando la facevano ai miei colleghi e rispondevano mi faceva arrabbiare. Facevo fatica io a capire il problema quando ero dentro, figurarsi da fuori. Ho vissuto il Tottenham da consulente per due anni quindi non ero qui nel quotidiano e non sapevo come risolvere un problema che c'era da dentro e non mi sono mai permesso di dire a un allenatore o un direttore che lavoravano qua di fare qualcosa. Se lavori tutti i giorni hai il diritto di parlare, se stai fuori non hai il diritto di parlare".
La scelta di Spalletti ti convince? "Sono molto legato a Igor Tudor e mi dispiace moltissimo per lui che si era meritato questa chance, arrivando alla Juventus dopo aver fatto esperienze importanti e dure. Mi dispiace per la Juventus e Igor. Poi, Luciano è un grandissimo allenatore e quindi gli auguro tutti i successi a lui e alla Juventus".
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