Gavillucci dismesso per motivi tecnici, Marelli fa chiarezza: "Manca trasparenza nelle graduatorie. Chi è dismesso riceve una telefonata, io un sms..."

"Gavillucci dismesso perché osò sospendere Sampdoria-Napoli per cori razzisti: la potremmo definire l’ultima frontiera dell’informazione per deficienti se non fosse che, in questo modo, si sminuisce una vicenda che ha per oggetto valori fondamentali come la dignità personale, i diritti di legge, la trasparenza negli atti pubblici", scrive sul suo blog l'ex arbitro Luca Marelli in merito alle notizie circolate negli ultimi giorni dopo che Gavillucci, ex arbitro di Serie A con 50 gare dirette nella massima serie, ieri è tornato in campo per dirigere una partita di Allievi Regionali, come capita spesso ad arbitri dismessi dalle categorie nazionali:
"Perché la vicenda Gavillucci è tornata agli onori della cronaca sportiva? Il motivo è presto detto: poche settimane fa la Corte d’Appello Federale ha annullato la decisione di primo grado del Tribunale Federale Nazionale che aveva rigettato il ricorso dell’arbitro laziale, rispedendo la discussione al primo grado dopo aver rilevato un difetto di contraddittorio (senza specificare contro chi: giuridicamente un abominio ma è argomento tecnico di cui è inutile discutere). In concreto presso il Tribunale Federale Nazionale dovrà essere discusso nuovamente il ricorso di Gavillucci, basato non certo sulla contestazione di singole valutazioni ma su basi ben più importanti.
Torniamo al 9 ottobre 2017. In quella giornata il Tribunale Nazionale Federale accolse integralmente il ricorso presentato da Giovanni Greco, arbitro della sezione di Roma 1 dismesso a luglio 2017 dai ruoli della CAI, la prima commissione nazionale. I motivi del ricorso non si basavano sulle graduatorie finali ma su una serie di contestazioni mosse all’AIA, in particolare concernenti la violazione di svariate norme dell’Associazione e del diritto comune. In sintesi questi i motivi del ricorso Greco:
I. Difetto di motivazione della decisione di mancato avanzamento del ricorrente che avrebbe determinato l’automatica dismissione;
II. Violazione degli artt. 6, commi 7 e 10, 7, 15, commi 2 e 3, delle Norme di funzionamento degli Organi tecnici dell’A.I.A. (in prosieguo, per brevità, anche “Norme di funzionamento”) per l’omessa predeterminazione e indicazione degli “eventuali altri criteri” utilizzati dall’Organo tecnico nella compilazione della relazione di fine stagione per la valutazione degli arbitri da promuovere alle categorie superiori;
III. Violazione del principio di trasparenza e imparzialità del sistema di attribuzione delle mere valutazioni tecniche, laddove l’art. 6, comma 5, delle Norme di Funzionamento non estende agli arbitri a disposizione degli Organi tecnici nazionali la garanzia della formulazione per iscritto dei rilievi nell’immediato dopo gara;
IV. Violazione dei principi di imparzialità e trasparenza per l’omessa predeterminazione all’avvio della stagione del numero di arbitri cui consentire il passaggio dalla C.A.I. alla CAND ai sensi dell’art. 15, commi 2 e 3, delle Norme di Funzionamento, ovvero dei criteri sulla base dei quali il predetto numero sarà determinato;
V. Violazione dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990 e della legge n. 231/2001, nonché dei principi generali in materia di selezione e accesso agli impieghi pubblici;
VI. Illegittimità derivata dall’illegittimità del Regolamento A.I.A. e delle Norme di funzionamento, laddove non prevedrebbero garanzie di imparzialità, indipendenza e terzietà nel procedimento di nomina dei componenti degli organi tecnici.
La decisione del TFN (che potete leggere integralmente a questo indirizzo) diede ragione al Greco che, pertanto, ottenne con quella decisione il diritto di essere reintegrato immediatamente nei ranghi della CAN D (dato che, avendo già sostenuto due stagioni in CAI, poteva essere o dismesso o promosso alla categoria superiore, appunto la CAN D).
L’AIA, ovviamente, non diede alcuna notizia in merito poiché è palese che il sito ufficiale è più simile alla Pravda che ad un organo di informazione moderno. Successivamente l’AIA propose appello contro la decisione (ovvio). Il giudizio di Appello non venne celebrato per un semplice motivo: Greco aveva già ottenuto quel che voleva (cioè una sentenza che riconoscesse i suoi motivi di doglianza), non aveva alcun interesse a resistere in un appello sportivo che non avrebbe potuto portare altro che spese inutili. Per tal motivi rassegnò le dimissioni dall’Associazione, nel contempo decidendo di agire in via giudiziaria civile, citando in giudizio l’AIA e chiedendo la rifusione dei danni.
Naturalmente l’AIA, come al suo solito, riportò la notizia a suo modo. L’AIA non ha vinto un bel niente: semplicemente la Corte d’Appello Federale aveva annullato la decisione di primo grado per la rinuncia a resistere in giudizio da parte del Greco: in sostanza venne a mancare il motivo del contendere, dato che il Greco non era più associato e, pertanto, la Corte Federale d’Appello non poteva decidere nulla in mancanza di una delle parti.
Gavillucci ha proposto ricorso esattamente per gli stessi motivi contestati dal Greco, senza nemmeno far menzione delle graduatorie poiché l’oggetto dell’azione giudiziaria era basata su questioni ben più importanti come l’assoluta mancanza di trasparenza dell’Associazione nel formare le graduatorie.
Vi fornisco degli elementi utili a comprendere i contorni della vicenda:
– gli arbitri di Serie A ricevono la relazione di Organi Tecnici (per semplificare: i designatori) e degli osservatori privi di voto e senza il giudizio complessivo (che vengono cancellati prima dell’invio);
– nessuno conosce la graduatoria reale. Mai, in nessun momento della stagione. Per esempio, del periodo trascorso in CAN A/B, io non so assolutamente nulla: non un voto, non una media, non una graduatoria;
– a fine stagione un gruppo limitato di arbitri (ad eccezione di internazionali od equiparati) deve incrociare le dita e sperare di non essere inserito tra gli arbitri dismessi per motivi tecnici (quali non è dato saperli dato che il tutto si risolve in una telefonata, in un telegramma o, come nel mio caso, in un SMS di Collina. Sì, un SMS…).
Tutto ruota attorno ad un concetto fondamentale: l’AIA è un’associazione di tipo privato oppure pubblico? La definizione è fondamentale per l’applicazione della Legge 241/1990 (il testo integrale lo trovate qui, pagina 7 e seguenti), perché un’associazione di tipo pubblico ha l’obbligo di trasparenza nei confronti di chiunque ed il dovere di consentire l’accesso a tutta la documentazione che riguardi direttamente il singolo cittadino.
Ebbene, il Tribunale Federale Nazionale si espresse categoricamente in merito:
Di fatto il Tribunale Federale si espresse per la natura pubblicistica dell’AIA, senza alcuna espressione dubitativa. Peraltro ciò è di prima evidenza: l’AIA fa parte della FIGC che, a sua volta, fa parte del CONI, ente pubblico per eccellenza che distribuisce tra le federazioni affiliate (e, pertanto, anche alla FIGC) risorse pubbliche individuate ogni anno dal DEF dello Stato. Come possa anche solo ipotizzarsi la natura privatistica per l’AIA è, giuridicamente, un mistero.
Il ricorso di Gavillucci è stato, in primo grado, respinto. Ciò che ha più stupito è che il medesimo Tribunale Federale, sul medesimo oggetto e per un ricorso basato sui medesimi elementi rispetto alla decisione Greco abbia ribaltato del tutto la linea interpretativa.
Ora, capita spesso che giudici differenti assumano decisioni leggermente discrepanti su oggetti simili, non accade praticamente mai che due sentenze siano completamente opposte. A maggior ragione è curioso che ciò sia accaduto nel contesto del medesimo Tribunale, senza che (in periodi intermedi) siano state emesse altre decisioni sullo stesso oggetto.
Insomma: o il Tribunale Federale ha sbagliato ad ottobre (ricorso Greco) oppure ha sbagliato a settembre (ricorso Gavillucci).
Il Tribunale Federale dovrà spiegare anche questo cambio di rotta se non vorrà veder del tutto compromessa la propria immagine giuridica.
Oppure, come giusto che sia, tornare sui suoi passi e riformare la prima decisione accogliendo le istanze di Gavillucci che, giuridicamente, sono praticamente incontrovertibili.
Come abbiamo capito, dunque, Gavillucci non basa le sue contestazioni sulle classifiche di merito ma su principi ben più importanti e, ovviamente, non c’è alcun riferimento a Sampdoria-Napoli, gara strumentalizzata oggi per costruire una teoria complottare buona per sollevare l’indignazione di persone ben poco intelligenti.
Nella riunione con i presidenti di sezione dell’AIA, svoltasi la scorsa settimana, sono state proposte le slides delle graduatorie degli ultimi 3 anni per dimostrare come Gavillucci fosse arrivato sempre ultimo.
E’ certamente un dato interessante ma che non c’entra assolutamente nulla con i motivi del ricorso che riguardano concetti molto più importanti e che, in fondo, dovrebbero essere oggetto di interesse per tutti gli arbitri italiani: pensare di ridurre tutto a dei numeri formati senza un criterio ben chiaro significa pensare di rivolgersi ad una platea di stupidi.
Non credo (non voglio credere) che i presidenti di sezione vogliano essere trattati come degli stupidi, soprattutto perché sono in gioco i diritti fondamentali di qualsiasi persona che ha il sacrosanto diritto di sapere il proprio andamento tecnico, i criteri di formazione delle graduatorie, la valutazione per ogni singola gara diretta, la propria posizione in qualsiasi momento della stagione ed il dovere di informazione da parte di un’associazione che voglia essere definita democratica.
Ho trovato altresì di cattivo gusto la notizia trapelata secondo cui l’AIA vorrebbe inserire nei contratti degli arbitri una clausola di salvaguardia (per sé…) secondo la quale gli arbitri dovrebbero accettare, sic et simpliciter, le decisioni relative alla formazione dei quadri tecnici per la stagione successiva, rinunciando al diritto di ricorrere al giudice per contestare una decisione calata dall’alto.
Ovviamente si tratta di una clausola che sarebbe connotata non solo da nullità ma da inesistenza giuridica, dato che è palesemente illecito costringere una persona a rinunciare ad un proprio diritto costituzionalmente riconosciuto.
La domanda sorge spontanea: se l’AIA è così tranquilla del proprio operare, per quale motivo inserire una clausola siffatta? Timore che, prima o poi, si dovranno pagare ingenti danni per comportamenti non in linea con le leggi dello Stato?
Concludiamo tornando al principio. Come abbiamo visto nessun accenno a Sampdoria-Napoli. Perché? Perché quella gara e la momentanea sospensione non ha avuto alcun peso nella scelta di dismettere Gavillucci".
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