SPECIALE MARADONA - Il sogno come filosofia di vita

SPECIALE MARADONA - Il sogno come filosofia di vita
venerdì 29 ottobre 2010, 17:28Notizie
di Mattia Sparagna
Dalla famosa frase dei sue sogni (giocare e vincere un mondiale, fino all'ultima recitata ai giocatori della sua nazionale

Sognare significa vivere e vivere è come sognare,. Pensare di poter raggiungere qualsiasi risultato grazie alle proprie forze è per Diego Armando Maradona uno stile e una filosofia di vita. Sin da piccolo ha creduto di potercela fare, anche quando giocava in qualche strada della periferia di Buenos Aires con una palla fatta di pezza. Pian piano Dieguito ha iniziato a capire che per riuscire in qualcosa bisogna credere profondamente nelle proprie capacità e bisogna "sognare" di riuscire in quell'impresa.

Il mondo iniziò a capirlo sin dalla famosissima frase del 1974, passata poi alla storia, in cui disse davanti alle telecamere queste parole: "Mi primer sueño es jugar en el mundial y el segundo es salir campeón". L'intimo sogno di quel quattordicenne innamorato del calcio sembrava non essere distante da quello di molti altri suoi coetanei; di diverso però si percepiva la convinzione, leggibile da quei suoi occhi pieni di speranza, che ce l'avrebbe fatta. Il primo "sogno" Diego lo esaudì nel 1982 quando esordì con la maglia della sua nazionale in un mondiale di calcio; purtroppo per lui solo 4 anni dopo riuscì ad esaudire il secondo "sogno", ovvero quello di vincere e alzare al cielo la Coppa del Mondo.

Il sogno è stato ed è tuttora linfa vitale per Maradona. Fondamentale per lui sognare, ma andando avanti divenne altrettanto importante far sognare gli altri, anche tramite le sue gesta e le sue prodezze. Un popolo che sogna è un popolo che vive e combatte; Maradona ha sempre voluto aiutare nella "lotta" il suo popolo, la sua gente. Quel piccoletto, dai capelli ricci o con il numero 10 sulle spalle dava una forza nuova a tutti coloro che lo seguivano e che si esaltavano a vederlo giocare. Vincere una partita con lui non era solo la vittoria contro la squadra di turno, ma il riscatto contro qualcosa di più grande. Battere l'Inghilterra in quel mondiale messicano del 1986 non significò arrivare in semifinale e avvicinarsi a quello storico trionfò. Quei 2 gol straordinari (uno per furbizia, l'altro per classe, tecnica, velocità e tenacia), che portarono alla vittoria finale, valevano molto di più per un'intera nazione che aveva subito, in alcune zone (sopratutto nelle isole Malvinas), l'attacco e la dominazione inglese.

Allo stesso modo il popolo napoletano si riscattò contro quei pregiudizi e quelle discriminazioni che lo avversavano da oltre un secolo. I napoletani sempre considerati "non italiani" o comunque inferiori e ormai abituati solo a soffrire e a tirare avanti, grazie al suo avvento iniziarono di nuovo a "sognare" e quei sogni vennero esauditi per buona parte della sua permanenza a Napoli. Sapeva di essere amato e per questo iniziò a capire che anche solo la sua presenza o una sua azione poteva significare tanto per molti. Quando arrivò a Napoli nell'estate del 1984 una delle prime cose che disse fu "Sogno di diventare l'idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono come io ero a Buenos Aires". Divenne beniamino, idolo e mito di quei ragazzi (e non solo). Ai meno fortunati tese sempre una mano, per dargli la voglia e la spinta di sognare, seppur non essendo (per sua scelta) mai pubblicizzato per queste sue iniziative, furono tantissime le sue visite ad ospedali e orfanotrofi.

Credere in qualcosa, portare avanti le proprie idee, le proprie convinzioni, i propri sogni voleva essere per Maradona il suo messaggio che non ha mai smesso di professare, nemmeno quando ha smesso di giocare al calcio. Stavolta il veicolo del suo pensiero non poteva essere il campo da calcio e le prodezze conseguenti ai suoi tocchi e alle sue prodezze, ora il leader deve sopratutto inculcare quella filosofia con le parole, proprio come ha fatto durante l'ultimo mondiale con la sua nazionale "Soñá que podés y podrás".

A volte quel sogno che si persegue non si esaudirà al primo tentativo e bisognerà lottare in maniera sempre più decisa per raggiungerlo. Nemmeno lui c'è riuscito con facilità, anche lui ha avuto difficoltà per esaudire i propri sogni (il mondiale del '78 avrebbe meritato di giocarlo, ma non fu convocato; nell'82 poteva vincerlo ma non successe). Diego ha voluto insegnare che un fallimento non può e non deve piegare la volontà di riuscire in una cosa, i sogni sono fatti per essere raggiunti ed esauditi, anche lui ancora ne avrà diversi e combatterà con la tenacia di sempre per poter dire ancora una volta "Ce l'ho fatta". Auguri Diego...non smettere mai di sognare.