Da 0 a 10: il siluro di ADL, la replica di Gattuso, la verità su Demme e la scelta che grida vendetta

Da 0 a 10: il siluro di ADL, la replica di Gattuso, la verità su Demme e la scelta che grida vendettaTuttoNapoli.net
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lunedì 24 maggio 2021, 13:31Zoom
di Arturo Minervini
Il Napoli crolla emotivamente e non batte l'Hellas, ADL liquida Gattuso con poche righe. Male tutti i big, sarà rivoluzione?

Zero i senza peccato. Non vola una pietra nel covo di colpevoli che si annida tra il campo e l’esterno del campo, specchio impietoso di una serie di mostruosa di errori che sono tornato incredibilmente attuali, proprio ad un passo dal traguardo. Un grande club non può essere gestito con uno smartphone, poche righe, nessun cuscinetto societario per ammortizzare le mazzate che arrivano dall’esterno. C’è un difetto cronico nella memoria storica di questo club, che dai suoi errori non impara mai. Che non sedimenta nell’esperienza il processo a cui dovrebbe tendere ogni azienda: l’evoluzione. Il Napoli commette pochi errori, ma sono sempre gli stessi. Con una ciclicità che ricorda la corsa di un criceto nella sua ruota

Uno il gol segnato da Rrahmani, che magari in carriera non lo segnerà mai più un gol (potenzialmente) così importante. E Amir non esulta, per rispettare la sua ex squadra. Andando oltre la pratica ormai discutibile, quella non esultanza racconta di uno stato mentale complessivo di anestesia cosciente, una squadra entrata in campo terrorizzata per quel che poteva essere o non è stato. Quando nella testa costruisci un incubo, l’incubo si materializza. I pensieri negativi si nutrono della paura, la paura si nutre negli animi impreparati.

Due gol presi contro Cagliari e Verona abbastanza simili. Lanci lunghi, difesa impreparata e inspiegabilmente piazzata male. Colpe di un singolo che rispecchiano uno dei grandi equivoci tattici di questa stagione: la vocazione ad amministrare nei momenti caldi. Una caratteristica che non appartiene a questa rosa, una credenza che mai ha attecchito nel cuore di questo organico ma solo in quello di Gattuso. Ed è risultata fatale anche al tecnico, silurato da ADL con un ‘Caro Rino’ che sa di bluff come nemmeno Matt Damon contro Teddy KGB in ‘The Rounders’. Attendiamo con ansia la replica di Ringhio.

Tre punti. Servivano tre punti e nient’altro. Per dare un senso ad una stagione che, ora, un senso non ce l’ha. Così come insensate sono state le crociate, gli endorsement macchiati di faziosità, l’agiografia in vita di Gattuso che ha disseminato errori su errori nel corso della stagione. Come sempre qualcuno ha voluto sminuire Napoli, la piazza, la rosa e raccontare di una Napoli che non meritava Gattuso, che doveva inginocchiarsi e chiedere scusa per aver osato muovere qualche appunto. Le scuse le meritano i tifosi, perché perdere così la Champions è da perderci il sonno per un mese.

Quattro squadre davanti al Napoli. Si potrebbe poi fare un passo indietro, buttar giù la premessa che con l’Hellas è stato commesso un suicidio sportivo, ma fermarsi a chiedere se il Napoli non avrebbe meritato un posto nelle prime piazze. Si potrebbe ricordare del 2-0 di Osimhen inspiegabilmente annullato contro il Cagliari, dell’irreale rigore assegnato a Cuadrado in Juve-Inter, ma si rischierebbe di raggiungere dinanzi ad una verità ancor più dolorosa da buttar giù.

Cinque al grande equivoco, la trappola che il Napoli si è costruito nella sua mente. Credere, a tratti pretendere, un atteggiamento remissivo dal Verona. Si è maramaldeggiato, ignorato un principio che già al Franchi si era palesato con vigoria a tratti sproporzionata: nessuno avrebbe porto l’altra guancia. Non si comprende, dunque, perché si è scegli in campo con questa morbidezza dell’animo, cercando quasi di elemosinare una gara che il Napoli avrebbe dovuto azzannare alla giugulare come un polpo in un iconico spot di Dolce&Gabbana. 

Sei minuti nelle ultime tre di campionato. Sei minuti. Diego Demme ha giocato sei minuti nelle ultime tre di campionato. Quando si lascia in balia del dubbio ogni evento, devi essere pronto ad accettarne le conseguenze. Qualcuno può spiegarci cosa è accaduto? Perchè l’equilibratore del Napoli, uomo chiave nella rimonta del girone di ritorno, sia stato deposto in un sottoscala nel momento decisivo della stagione? Io, come Tiziano Ferro, non me lo so spiegare. Se poi l’alternativa è Bakayoko, allora diventa una delle scelte più insensate della storia. Tipo Napoleone che decide di attaccare a sorpresa Waterloo credendo di aver fatto una genialata.

Sette punti nelle ultime dodici per l’Hellas. Juric perde la testa ai microfoni di Sky, evidentemente prevenuto perché conscio di portare nel grembo una colpa figlia da una rigenerata cattiveria agonistica. Il Verona ha fatto quello che doveva fare, non c’è nulla di irrispettoso nel sottolineare che negli ultimi tre mesi aveva giocato praticamente in infradito. “Solo in Italia” dice. Potremmo dirlo per tante gare imbarazzanti giocate dalla sua squadra. Non è un alibi, ma non venga a fare il fenomeno nella patria del ‘Ccà nisciuno è fesso. Come dicevano i nostri nonni: "Fatte accatta' 'a chi nun te sape! 

Otto gol nelle ultime tredici per l’assente ingiustificato. La notte di Insigne è quella nera di Amleto divorato dai dubbi, che trova nell’inerzia la strada verso il baratro. C’è il rumore sordo di un crollo emotivo, l’inatteso dietrofront ad un passo dalla cima che avevi scalato da protagonista. Tra l’essere decisivi, ed essere decisivi nei momenti decisivi c’è un passaggio ulteriore, un controllo della sfera psicologica e carismatica di un livello superiore. Allo storico di Lorenzo va, purtroppo, aggiunto un nuovo passaggio a vuoto sotto questa casella. Se sei capitano, devi capitanare. Lo dice la parola stessa, mica io.

Nove le sconfitte in campionato, che alla fine bussano alla porta a chiedere il conto. Cadute che raccontano dell’instabilità emotiva del gruppo, della fragile membrana emotiva che divide esaltazione e depressione.  È un vinile con qualche graffio, una musica che talvolta incanta e altre produce musica stonata. Pesante, pesantissima. Pensare che sarebbe bastato battere lo Spezia in casa è un pensiero che torna su come una peperonata mangiata alle 5 di notte. Pesante da digerire. 

Dieci minuti, almeno. Qualcuno avrebbe dovuto metterci la faccia, spiegare ai tifosi cosa fosse accaduto, a dargli conforto. A dipingersi l’aria affranta sul volto e buttare giù le solite frase di circostanza. A volte servono anche quelle per farsene una ragione. Il silenzio colpevole, la scaramanzia a mò di rito apotropaico del mutismo, gli addii consumati con i caratteri risicati di un tweet. Nella notte dell’amarezza infinita, il Napoli ha una colpa non meno grave: ha lasciato i propri tifosi annegare nello sconforto e certe notti non si può restare soli. La distanza siderale tra il club e quelli che danno un motivo di esistere al club, per l’appunto i tifosi, è una sconfitta ben più dolorosa.