Il giorno che ha cambiato tutte le nostre vite

20.10.2021 18:20 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Il giorno che ha cambiato tutte le nostre vite
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© foto di Insidefoto/Image Sport

“Senza trucchi, questa è la mia storia e, probabilmente, anche la vostra”. Il regista Paolo Sorrentino presentava così il suo film in uscita ‘È stata la mano di Dio’. Una storia dentro una storia, che ha dentro mille altre storie. Quella dell’immaginifico Sorrentino, la cui arte è stata preservata proprio da quell’uomo che ha cambiato le vite di tutti noi: Diego Armando Maradona.

Già, oggi è quel giorno. Proprio quel giorno lì. Quello che avrebbe cambiato tutte le nostre vite, orientato tutte le nostre passioni, inciso fino in profondità un’idea meravigliosa, una sensazione di onnipotenza e di infinito. 

Sì, perché non raccontiamoci frottole. Diego Armando Maradona è stato il nostro dribbling alla quotidianità, omaggio all’eterno, l’istinto che si fa dominante, la gioia che diviene incontenibile. E non importa quanti anni tu avessi nel giorno della sua discesa ufficiale sulla terra. E non importa che età avessi quando è transitato con la sua gloria da queste parti. Diego stava già cambiando la tua vita, stava battendo le ali dall’altra parte dell’oceano nel più classico degli effetti farfalla.

Nei racconti, negli sguardi, nelle giornate, nelle strade, negli odori, nei capelli, nei caffè, nelle buche, nei semafori non rispettati, nei tramonti, nei vicoli senza sole, nelle case senza balconi, nelle ore senza sonno. Maradona è stato con noi, ci è stato affidato come un patrimonio da conservare, omaggiare, tramandare.

Ispirazione, dannazione, lucente come una stella che ha troppa voglia di cadere per mostrare al mondo la sua parte più brillante. Ha influenzato le vite di tre generazioni, ha contaminato il pensiero di milioni di appassionati, anche di quelli che prima di lui del calcio nemmeno volevano sentire parlare.

Oggi, dunque, è un giorno che va celebrato. Perchè oggi, nel 1976, quel ragazzino tutto ricci e disobbedienza faceva il suo esordio nel mondo dei professionisti. E lo faceva, naturalmente, a modo, suo.  Ecco com’era andava quel pomeriggio…

«Hei, tu!»

«Chi, io?»

«Sì, tu. Vai Diego, va! E se puoi fa un tunnel»

Juan Carlos Montes, non lo sapeva, o forse sì. Stava prendendo la decisione che avrebbe per sempre cambiato il mondo del calcio.

Diego entra e dopo un minuto sapete cosa fa? TUNNEL! Ovviamente. D’altronde Juan Carlos glielo aveva ordinato: ‘Gioca come sai’. E Diego Armando Maradona sapeva giocare solo così: come il migliore di tutti i tempi. E non doveva dimostrarlo, lo era già, in quel 20 ottobre qualunque del 1976.

Non aveva nemmeno sedici anni, ma era già il migliore di tutti. Era nato così, non poteva fare altrimenti. Maradona non doveva diventare Maradona: Maradona era già Maradona.

E mentre si controllava i tacchetti, scrollando i ricci folti che gli coprivano parte del viso, durante quella partita contro il Talleres, Diego non aveva troppi pensieri nella testa. Voleva solo essere puntuale all’appuntamento con la cosa che ha più amato in vita sua: la palla.

“Il giorno in cui toccai il cielo con la mano” dirà Diego poi.

Il giorno in cui Juan Carlos Montes aprì le porte del calcio dei grandi al più grande di tutti.

E mi raccomando Diego, se puoi, fa un TUNNEL!.