Tmw - Napoli rappresenta larghissima parte della holding di ADL: necessaria l'autosostenibilità

C'è un motivo per cui Aurelio De Laurentiis non ha nessuna intenzione di continuare come prima, lasciando quindi Insigne - e probabilmente Mertens - fuori dal progetto Napoli, cercando di riprendere la via maestra di quando era ritornato in Serie A. Giovani, magari con stipendi inferiori ma con buone potenzialità. Spese, magari anche non basse, ma riuscire a dare una competitività nei primi quattro cinque posti. Perché è evidente che il Napoli, -58,9 milioni di euro nel 2020-21, debba basarsi su un autofinanziamento che per ora va ancora bene: il patrimonio netto è di 140,3 milioni.
Il fatturato
Alto ma non altissimo, anche perché non c'era la Champions League. 179,4 milioni di euro che, probabilmente, diminuiranno nella prossima stagione perché non ci sono i ricavi traslati in avanti di tre mesi. Spese altissime, fuori controllo per un club del genere: 305,5 milioni motivati sì dall'acquisto di Osimhen, ma non solo. In ogni caso la situazione non è pessima, ma nemmeno ottima: dal -19 dell'anno prima al -58,9 la strada è lunga 40 milioni. Inutile dire che serve un robusto taglio dei costi e ritornare in Champions: il secondo è vicino, il primo si farà.
Patrimonio ancora positivo
La verità è che il Napoli rappresentava una larghissima parte della holding di De Laurentiis, come ricavi. Non è pensabile dunque andare troppo in rosso nel corso delle stagioni, altrimenti si erode il patrimonio. Dunque la situazione appare già chiara: tutti in vendita - anche Osimhen, come scritto a più riprese dallo scorso gennaio - e i sostituti avranno parametri chiari. Insomma, autosostenibilità che negli ultimi anni è sembrato solamente una chimera.
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