Chiariello elogia ADL: “Con lui il Napoli ha alzato l’asticella! Mai vissuta un’era del genere”

Chiariello elogia ADL: “Con lui il Napoli ha alzato l’asticella! Mai vissuta un’era del genere”
Oggi alle 21:00Le Interviste
di Francesco Carbone

Il giornalista Umberto Chiariello, ai microfoni di Radio CRC, ha commentato le dichiarazioni di Antonio Conte al termine di Napoli-Pisa: “E’ stato un discorso che, come ha ben spiegato ieri Garlando sulla Gazzetta dello Sport, richiama una strategia quasi “gesuita” da parte di Antonio Conte. E allora guardiamo un po’ com'è la situazione di questo Napoli. Perché la presentazione di Ag4ain ci ha fatto riflettere.

Il Napoli, nella sua storia molto povera, ha attraversato lunghi periodi di totale incapacità di competere. Se guardiamo agli anni in cui imperava Lauro, vediamo una squadra piccola, mediocre. Sotto Lauro il Napoli fece sesto, sesto, quarto, quinto, sesto, quattordicesimo, undicesimo, quarto, settimo, tredicesimo. Due quarti posti che sembravano promettere chissà cosa, ma poi, a fine decennio, la caduta in Serie B nel ’60-’61. Finisce l’epoca Lauro. Arriva Roberto Fiore con entusiasmo e porta Sivori, Altafini… ma poi inizia l’era Ferlaino, che strappa le azioni a Fiore attraverso la vedova Corcione. Io c’ero. E voi non potete immaginare la frustrazione: da bambino, da ragazzino, da uomo, ho vissuto anni e anni in cui partivamo senza mai essere competitivi. Mai. Ogni tanto spuntava una fiammella e sognavamo.

Dopo un secondo posto col Milan di Pesaola, arriva Chiappella. Sogniamo lo scudetto, ma ci viene scippato a San Siro da un arbitro pavido. Nel ’68-’69 siamo settimi, poi sesti. C'è l’anno magico del terzo posto… e poi? Ottavi, noni. Si riparte con Vinicio, e arriva il ciclo che ancora oggi ricordiamo con affetto: terzo, secondo, poi il quinto posto e l’arrivo di Savoldi. La Coppa Italia. Ma poi ricomincia il tran-tran: settimi, sesti, decimi. Arriva Marchesi, Krol, un terzo posto… e di nuovo noni, undicesimi. Poi l’avvento di Maradona. E dopo Maradona, il decennio più brutto della nostra storia di tifosi.

Ieri ho sentito un presidente dire: "Ma mica finisce qua. Stiamo già lavorando a nuove emozioni. Abbiamo vinto due scudetti in tre anni, quattro vittorie di fila, siamo considerati favoriti al titolo." L’unico che ha rotto lo schema del gattopardismo italiano è lui: Aurelio De Laurentiis. Con i suoi modi, con le sue intemperanze verbali. Alla sua maniera, fa ridere. Ruspante, veloce, ma attivo.

Eppure, il Gattopardo a Napoli c’è. E si chiama Antonio Conte: l’uomo della restaurazione. Tra innovazione e restaurazione, c’è Conte che butta fumo negli occhi per spostare l’attenzione su di sé e distoglierla dal gruppo. Ma questa squadra è la stessa dell’anno scorso. Se non avesse perso Lukaku, sarebbe identica. Il solo volto nuovo è il più discusso: Kevin De Bruyne.

Il Napoli ha confermato dieci titolari. L’undicesimo lo aveva perso virtualmente a gennaio: era stato sostituito prima da Neres, poi da Raspadori. L’unico vero innesto è De Bruyne. Qualcuno ha visto in campo Noa Lang, pagato 25 milioni più bonus? No. E Gutierrez, venti milioni spesi per lui, l’abbiamo visto sfrecciare sulla sinistra? Nemmeno. Nel frattempo chi ruba la scena? Non Olivera, il titolare dello scudetto. Ma Leonardo Spinazzola, terza scelta, tra i migliori di questo inizio stagione. Beukema ha giocato solo perché si è infortunato Rrahmani. Tornato Rrahmani, chi gli gioca accanto? Juan Jesus, l’usato sicuro. A centrocampo, si diceva: arriva De Bruyne, esce uno tra McTominay e Anguissa. Ma Conte dice: “Non esce nessuno, li aggiungo.” Politano, sempre sul filo del sostituibile, oggi è insostituibile. Di Lorenzo, tanto discusso, è stato straconfermato. I titolari sono sempre loro. E Meret? Si è ripreso la scena, dato per finito dopo le ottime prestazioni dell’eccellente Milinkovic-Savic. C’è competizione interna, ma i titolari sono quelli. Con un’unica aggiunta: la qualità di De Bruyne, in una squadra che resta la stessa, nonostante 200 milioni di investimento.

Conte? Qualcuno lo accusa di braccino corto. Qualcuno lo dice conservatore. Qualcuno lo chiama camaleontico. Ma è primo in classifica, imbattuto da sette mesi, sedici turni utili, miglior striscia nei top campionati europei, quattro su quattro in avvio di stagione. E due trasferte da sogno anche sul piano del gioco.

Eppure, a Napoli, c’è sempre qualcuno che ha da ridire. Ora compriamo in Premier. La statura della squadra si misura con Anguissa, McTominay, De Bruyne, tutti dalla Premier. Non più il Fulham o il Celta Vigo, ma Manchester City e Manchester United. E davanti c’è Højlund, anche lui dalla Premier. Accanto a questi, continuiamo a pescare da Empoli, Udinese, Torino - i nostri serbatoi di sempre. Ma abbiamo alzato l’asticella.

Oggi siamo una realtà che è il benchmark del calcio italiano. Io sento questa forza, questa solidità, questa capacità di sognare. E ieri sera, lo confesso, ho sentito un afflato d’amore per questa squadra che andrà a Milano col pieno di energia, passione e cuore - qualcosa che solo Napoli può donare. Non me lo ricordo un momento così. E perdonatemi, anche se ogni tanto la memoria mi tradisce, vi posso garantire che un'era così noi non l'abbiamo mai vissuta!”.