L’importanza di chiamarsi Reina: la doppia vita di chi mostrerà il suo reale valore con l’addio

04.05.2018 18:44 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
L’importanza di chiamarsi Reina: la doppia vita di chi mostrerà il suo reale valore con l’addio
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

(di Arturo Minervini) - Cosa si intende con la parola ‘Campione’? Quanto nel dare una definizione completa del termine incidono fattori quali leadership, carattere, capacità di aumentare il rendimento dei compagni in relazione ad uno sport di squadra? Le valutazioni devono scindersi con il rendimento in campo o va espresso un giudizio globale? La doverosa premessa apre l’interessante discorso che coinvolge la storia napoletana di Pepe Reina, avventura che ha già scritto i titoli di coda prima ancora di finire. Già perché lo spagnolo, con una festa con picchi emotivi sicuramente elevati, ha deciso di salutare la squadra prima della fine del campionato, dopo aver già firmato con il Milan nei mesi scorsi. Qualcuno si è indignato per la festa, giusto per spolverare l’indice da puntare ogni volta senza nessuna coerenza. Al di là dei discorsi sterili che vanno di moda in questo giorni, resta da chiedersi quanto mancherà Pepe a questo Napoli. Inevitabilmente il discorso si dirama come un processo dicotomico dei sofisti, anche se in questo caso è molto più complesso giungere ad una verità assoluta. Però l’indagine da compiere passa per due punti abbastanza lampanti.

Il Reina portiere. Il prossimo 31 agosto le candeline da spegnere sulla torta saranno 36, ed è chiaro che la fase calante della carriera è già iniziata da un bel po’. Sul piano dell’esplosività l’iberico non è più quello di Liverpool, con qualche incertezza di troppo che hanno caratterizzato le ultime due stagionu (a dire il vero, più la penultima che questa attuale). Chiaro, il gioco del Napoli ha comunque favorito l’estremo difensore, spesso spettatore non pagante per il calcio praticato dal Napoli che tende al dominio assoluto dell’avversario. Basti pensare che contro la Juve, non ha subito nemmeno un tiro nello specchio della porta per capire quanto il lavoro di squadra abbia facilitato il suo lavoro. Altrettanto vero, però, il discorso opposto: tutti i più grandi portieri del passato affermano che sia molto più complicato restare concentrati subendo magari un solo tiro in porta che subendone dieci, almeno sul piano psicologico. Reina non è il portiere che ti fa il miracolo ad ogni partita, non lo è da tempo, ma sicuramente il suo rendimento è stato più che positivo nella stagione che va in archivio.

Il Reina uomo. Qui il discorso diventa più ampio, complesso, articolato in piccoli fattori che possono sfuggire ad un’osservatore distratto. Entrano in gioco elementi motivazioni e carismatici, punto di forza in tutta la carriera dello spagnolo. C’è da chiedersi, in particolare modo, quando l’assenza di Reina andrà ad incidere sullo spogliatoio e sul carattere del Napoli che verrà. Il carattere è sicuramente uno di quegli aspetti su cui ancora lavorare, come dimostra il black-out di Firenze dopo gli scandali di Milano e sotto quello aspetto l’addio di Reina sarà sicuramente un passo indietro. 

La reale incidenza dell’addio di Pepe la scopriremo solo nel prossimo campionato, quando il suo erede (Rui Patricio il favorito) sarà chiamato a dimostrare di poter essere globalmente più incisivo di Reina. Solo allora si potranno tirare le somme su un’esperienza che resterà comunque positiva e lascerà un ricordo importante nel cuore dei tifosi. Usando una frase cara al connazionale di Pepe, Rafa Nadal, "La forza mentale distingue i campioni dai quasi campioni". Staremo a vedere...