Da Zero a Dieci: le gufata storica di Caressa, i 420 mln umiliati, Allan che rischia il carcere e la sfiga 'nuova' di Ancelotti

25.10.2018 11:06 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: le gufata storica di Caressa, i 420 mln umiliati, Allan che rischia il carcere e la sfiga 'nuova' di Ancelotti
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(di Arturo Minervini) - Zero ai professori. A quelli che come al solito avrebbero fatto diversamente, che avrebbero gestito meglio il finale di gara, che avrebbero messo undici uomini davanti alla porta per difendere il risultato. Professori del niente, che non si rendono conto che se il Napoli è riuscito a fare quel tipo di gara è proprio perché non ha mai permesso al Psg di insediarsi nella propria metà campo. Il pareggio finale ha un solo nome, o meglio un solo colpevole: una tremenda sfortuna, la sfiga quella vera. Che ti punisce oltre i tuoi demeriti, che si accanisce su di te come quando dopo due ore trovi parcheggio sulle strisce blu ma il parchimetro funzionante più vicino per fare il tagliando per la sosta è a Pordenone ovest. Lì non puoi far altro che alzare lo sguardo al cielo e chiedere: Perché? Lo so. Dovremmo essere arrabbiati. Perchè questa vittoria era nostra. Perchè questa impresa era nostra. Non è andata come doveva andare, ma cosa si può rimproverare a questa squadra? Ve lo dico io: NIENTE. E ripetetelo insieme a me: NIENTE.

Uno il minuto di gioco per vedere in mostra il potenziale infinito di Mbappè, che scappa come una lepre sulla fascia. Quel lampo rende ancor più onore alla prestazione azzurra, puniti dalla giocata di un altro fenomeno come Di Maria nel finale. In mezzo, però, c’è così tanto Napoli da restare con gli occhi gonfi di soddisfazione ed il cuore che strabocca di orgoglio. Per qualcuno doveva essere una notte da incubo, molti avevano già preso le garze per fasciarsi la testa. Gli unici ad uscire con le ossa rotta dalla notte di Parigi sono gli uomini di Tuchel. È la notte dell’ultima consacrazione, di un Napoli dominante anche lontano dal San Paolo contro una strapotenza mondiale. È la notte che ha il sapore di fonte battesimale, di investitura ad un livello superiore. Ora c’è la certezza che non c’è campo che non possa essere terra di conquista. 

Due alla gufata epica di Fabio Caressa: “Mario Rui in grande crescita” dice il telecronista Sky. L’ex Empoli si gasa, si concede anche una chiusura con il colpo dello scorpione che Higuita spostati proprio. Poi dopo pochi minuti la carambola sfortunata, la punizione immeritata per il portoghese. Rubando le parole di un immenso Troisi in Ricomincio da Tre che risponde al prete che vorrebbe pregare per lui: “No, no, lasciate stare Don Ciro per carità, quello è capace che fanno qualche regalo pure a me.” Caressa lasciaci in pace!

Tre interventi sporchi, brutti e cattivi. È la rivincita operaia di Ospina, la rivincita della praticità contro l’estetica. Una guerra lunga quando il mondo, che vede il portiere colombiano collocarsi nello schieramento di chi bada più alla sostanza che alla forma. Molto elementare la sua filosofia: pallone arriva, devo respingerlo in qualche modo, con qualsiasi parte del corpo, in qualsiasi direzione che non sia la rete alle mie spalle. L’audacia mette la fortuna dalla sua parte, per i tifosi è già un personaggio di culto da venerare ad ogni inquadratura in primo piano. 

Quattro traverse, tre salvataggi sulla linea, un’autorete in tre gare di Champions. Qui c’è qualcosa che non quadra, qualcuno che dall’alto si diverte a giocare con i dadi che segnano la sorte europea degli azzurri. Questa maledizione che non va via dalla pelle dal famigerato girone chiuso a 12 punti con l’eliminazione ai tempi di Benitez, alla faccia di chi parla del ‘Culo di Ancelotti’. Se vogliamo dirla tutta, questo Napoli dovrebbe essere a punteggio pieno in questo girone dopo tre gare, con la qualificazione già in tasca. Arriverà il momento di riscuotere questo credito con la sorte? Vogliamo il reddito di Champions!

Cinque a chi ancora pensa che questo Napoli non sia bello. Io lo trovo a tratti meraviglioso, in maniera differente rispetto a come ci eravamo abituati a vederlo, ma comunque meraviglioso. È la bellezza dell’organizzazione, l’intelligenza tattica che diventa tremendamente affascinante. È il sapere snocciolato su un campo da calcio, l’antidoto prima che si manifesti la malattia. È una squadra incredibilmente compatta, visionaria per la capacità di anticipare le mosse dell’avversario e renderle inefficaci. È come assistere ad una gara di Garry Kasparov e puntualmente chiedersi: "Ma comme fa???”

Sei come numero della misura, che non è un limite ma una dote di grandezza. José Callejon è l’equilibrio dentro la follia, la ragione che indirizza il cuore nella giusta direzione, il catalizzatore di energie sacrificate per la giusta causa. C’è più quoziente intellettivo nel suo passaggio per Insigne che in diciassettemila edizioni del Grande Fratello/Grande Fratello Vip, una visione calcistica degna dei più grandi. Tutto fatto senza apparente fatica. Tutto concepito come un computer che analizza la situazione e poi elabora la soluzione migliore per tutti. È il segreto peggio nascosto della storia del calcio, l’indiscutibile ed indiscusso intoccabile della corsia destra.

Sette allo strapotere di Kalidou, che ormai gestisce la difesa non solo idealmente ma proprio fisicamente, scagliando i compagni contro gli avversari come accade con Mario Rui che viene catapultato a due mani contro Mbappè. Come il Signor Burns nei Simpson quando annuncia: “Libera i cani Smithers”, Koulibaly ha la capacità di trasmettere impulsi fisici ai compagni, scariche adrenaliniche che restituiscono nuova linfa al reparto.  Dopo aver sbagliato il primo intervento della gara non sbaglia più nulla, concedendo giusto qualche briciola agli attaccanti avversari. Ho passato tutta la notte per trovare al mondo uno più forte di lui in quel ruolo. E non ho ancora chiuso gli occhi. La ricerca continua…

Otto almeno gli Allan Marques Loureiro identificati dalla polizia francese all’interno del rettangolo di gioco del Parco dei Prinicipi tra le ore 21 e le ore 22.55. I sospettati hanno tra loro una somiglianza incredibile, hanno spiccato accento brasiliano, indossano maglia azzurra e pantaloncini bianchi. Chiunque avesse informazioni su questo molestatore è pregato di comunicarle alle autorità competenti. La società Paris Saint-Germain offre lauta ricompensa per chiunque contribuisse alla cattura. Dovrebbe recitare più o meno così la denuncia per molestie che il brasiliano meriterebbe per la prestazione ben oltre l’umano resa alla causa azzurra in terra transalpina. Macina le gambe anche stando al suolo, genera una forza motrice che diventa attrazione gravitazionale per pallone ed avversari, puntualmente inghiottiti da questa entità paranormale. Mi è sembrato di vedere un Allan. Poi un altro. E poi un altro ancora, come un’ossessione che dalla paura finisce per consumarti l’ossigeno. Infinite ripetizioni dello stesso fenomeno, lampi di onnipotenza disseminati sul terreno di gioco. 

Nove ai due killer dell’area di rigore. Inizia Lorenzo, che accarezza un pallone con la cura necessaria a trasformarlo poesia che si innalza prima verso il cielo e poi approda dolcemente in fondo al sacco. Altra perla di un Magnifico che nelle notte europee indossa il vestito migliore, si muove sul tappeto rosso con il passo deciso del leader e la leggerezza di chi sa di avere qualcosa di speciale da raccontare alla sua gente. C’è primordialità nell’attaccare la profondità, c’è visione onirica nell’anticipare l’uscita del portiere nell’unico modo possibile. Da Lorenzo a Ciro, che morde in area di rigore come un serpente che abbandona la sua teca ed urla ‘Libertà!”. Si vede poco Dries, ma sceglie il momento migliore per dare il suo segnale di grandezza. Da una parte 420 milioni di euro in due con Neymar e Mbappè, ma la sfida la stravincono i piccoletti azzurri.

Dieci a Carlo il Conquistatore. Quello che ha cancellato la paura dalla testa di questa squadra, che ha sfiorato un’altra epica impresa. Quello che ha fatto di Maksimovic un marcatore insuperabile, che si gode i tentacoli di Fabiàn vera piovra nella mediana azzurra. Quello che ha lavorato nella testa, nel coraggio, sulle paure. Scavando a fondo, in così poco tempo, trovando subito i tasti giusti da pigiare nell’animo di ogni suo calciatore. Un raffinato esploratore della mente, prima che della tattica e dei numeri. Una navicella spaziale che ti ronza nella testa, arriva ai punti più nascosti e bui ricercando soluzioni non problemi. Ancelotti si è preso il Napoli, Napoli, la sua Europa che ha il sapore di casa per lui. Ancelotti ha compiuto un miracolo fast e mai furious perché la calma è la sua più grande virtù, quella serenità ti permette di scomporre ogni problematica, guardarla in maniera distaccata e renderla meno gravosa per il cuore. “Se c’è la paura, non c’è la felicità”. Questo Napoli vuole essere felice.